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Il Carnevale in Friuli Venezia Giulia

Il Carnevale in Friuli Venezia Giulia

Grado
Il fulcro dei festeggiamenti per il Carnevale nell'isola lagunare di Grado (GO) è costituito dalla rievocazione medievale del "Manso Infiocao", simbolo della vittoriosa difesa dall'attacco del Patriarca di Aquileia nel 1162, in programma sabato 5 marzo 2011.
La sfilata ricorda il tributo annuale di dodici maiali e un manzo che gli abitanti di Aquileia dovevano consegnare ogni Giovedì Grasso ai gradesi meno abbienti, dopo che nel 1162 il Patriarca di Aquileia Voldarigo ed alcuni feudatari tentarono di invadere Grado, ma furono bloccati e sconfitti dal Doge di Venezia e dai suoi marinai, intervenuti per difendere l'isola.
Il "manso infiocao", che in gradese significa "manzo infiocchettato", è divenuto il simbolo dell'evento e dei relativi festeggiamenti. Fino alla Seconda Guerra Mondiale per le celebrazioni veniva scelto un manzo vero, coperto da un drappo e ornato di fiocchi, sostituito poi da una controfigura in cartapesta accompagnata da un corteo di un centinaio figuranti in costume d'epoca con rievocazione e spettacolo danzante conclusivo in Campo Patriarca Elia.
La manifestazione è coordinata dal laboratorio teatrale "Mercanti di Stelle" del Ricreatorio Spes di Grado ed è affiancata da un mercatino di prodotti di epoca medievale, fra cui il "biscotto del manso infiocao", un dolce dalla foggia di una ciambella, ricoperto di zucchero, la cui ricetta risalente al Trecento è stata scoperta in un libro del tempo.
L'entusiasmo riscosso dalla manifestazione ha ispirato a Grado l'idea di replicare con una sorta di "Carnevale estivo" nel cuore dalla stagione estiva, quando l'isola è popolata di turisti. Le vie della rinomata località balneare ospiteranno così sabato 16 luglio 2011 una variopinta e giocosa sfilata di carri e maschere provenienti da varie regioni, sopratutto del nord-est Italia, che si raccoglieranno poi nel Parco delle Rose per una festa con musica dal vivo, balli e premiazione finale delle maschere più belle.
www.grado.info

Monfalcone
L'etimologia del carnevale deriva, dicono gli studiosi, da "carni levamen" (sollievo della carne), al figurato, concedere libertà agli istinti più elementari della carne. Altri invece dicono che abbia origine da "Carni vale!" (carne addio), con riferimento al fatto che si dava fondo a fine febbraio alle ultime scorte di carni, prima che arrivasse la nuova stagione. Così il carnevale diventava un periodo di sregolatezza, di eccessi sia alimentari che di comportamento.
Ci sono altre interpretazioni, tra queste, quella che considera il carnevale come una libertà concessa dai potenti, alla plebe per controllarne gli umori, per fare evaporare quei atteggiamenti egualitari sognati dal popolo, per cui una volta l'anno, avveniva quella conversione sociale dove i servi la facevano da padroni.
Così infatti erano solennizzati i Saturnali romani, un periodo di libertà sfrenata, all'interno di un capovolgimento dell'ordine sociale e morale. Lo schiavo, il plebeo diventava il potente, il padrone. Ed in questo caos artificioso regnava un allegro Re, ciò che i romani chiamavano "Rex Saturnaliorum" e dal medio evo in poi veniva detto Re carnevale.
Nel nostro carnevale vengono richiamati questi tre elementi, il ritrovarsi della gente, lo sfogo spontaneo, il Re carnevale che nella tradizione locale è interpretato da Sior Anzoleto Postier.
A questi fattori, comuni a tutte le manifestazioni carnevalesche, c'è da aggiungere a Monfalcone, l'incontro di popolo in Piaza Granda attorno al "Pilo" per cantare, fare baldoria, mangiare e divertirsi.
Le canzoni popolari sono intimamente legate alla fatica, alle gioie, ai fatti della comunità, il cantarle in gruppo è un modo, di esprimere la propria identità, per i monfalconesi questo appuntamento irrinunciabile è un'occasione in più, di ritrovarsi in piazza, dove da sempre si dipana la vita e la storia delle collettività.
www.monfalcone.info

Muggia
Il "Carnevale Muggesano" trova le proprie lontane origini nella più classica tradizione veneziana con influssi della penisola istriana. Cronologicamente troviamo l'usanza della "CACCIA AL TORO" che risale ad un conflitto del 1162 tra Aquileia (in mano a Voldarico ricco feudatario di origini germanica - longobarda) e Grado (in mano alla Serenissima).
Il doge Vitale Michiel II° piegò Voldarico e per punizione gli impose di inviare a Venezia, ogni anno, il Giovedì Grasso ricorrenza della resa, un toro e dodici porci a titolo riparatore. Quest'usanza si protrasse a lungo a Venezia e si estese a tutte le città soggette al dominio veneto sopravvivendo alla stessa caduta della Serenissima.
A Muggia questa tradizione è durata sicuramente fino alla metà dell'Ottocento. Infatti nel 1893 il muggesano Cristoforo Tiepolo, detto "Boldin" allora ottantenne rese all'abate Jacopo Cavalli una importantissima testimonianza del Giovedì Grasso dei suoi verdi anni in cui si faceva ancora la caccia al toro.
In realtà, più che di una caccia o corrida, consisteva in una mesta passerella in cui il povero toro, prudentemente trattenuto e scortato, procedeva per calli e piazze, finchè stremato non veniva finito al macello, se riusciva decapitato con un sol colpo di spadone (da qui il detto "tagliare la testa al toro"), e la carne (assai saporita perchè "matanada") veniva venduta a buon prezzo alla cittadinanza.
Un'altra usanza del "Carnevale Muggesano" è il "BALLO DELLA VERDURA". Il primo a lasciarcene una puntualissima descrizione è stato, nel 1611, Nicolò Manzuoli nel volume "Nuova descrittione della Provincia dell'Istria". Questo ballo, simile a quello che Teseo, per l'allegrezza della vittoria avuta con il Minotauro, istituì nel Labirinto, è riconducibile sia per il Manzuoli che il dotto Vescovo di Cittanova Mons. Tommasini (autore "De' Commentari Storici - Geografici della Provincia dell'Istria") ai Colchi, che fondarono Pola e Capodistria e potrebbero aver lasciato a Muggia questa danza scenica e di grande effetto coreografico. Il Ballo della verdura si svolgeva originariamente il Martedì Grasso nella piazza "Granda" (attuale piazza Marconi).
Un'altra usanza storica del "Carnevale Muggesano" è "L'ASTA DEL PORCO DI S. ANTONIO" con il ricavato della vendita si acquistavano ceri da donare a Sant'Antonio. Dopo l'interruzione tra le due guerre mondiali nel 1954 il "Carnevale Muggesano" è stato riorganizzato e rilanciato nell'attuale formula di un concorso a premi per carri e gruppi in costume che, bandito dall'apposito comitato organizzatore, sfila per le strade più esterne di Muggia nell'ultima settimana di carnevale. Protagoniste sono le compagnie, cioè dei gruppi sorti su iniziativa di singoli, organizzazioni, rioni o contrade.
La particolarità che contraddistingue il "Carnevale Muggesano" è l'abolizione assoluta (eccezion fatta per particolari necessità coreografiche) delle maschere facciali, cioè si partecipa al corso mascherato proprio per esporsi al pubblico e per farsi riconoscere e mai per celarsi dietro false sembianze. Proprio per questo motivo le scenette e gli scherzi sono sempre di ottima fattura e di uno squisito buon gusto. Rispetto ad analoghe manifestazioni il "Carnevale Muggesano" si differenzia anche per le ricercate rappresentazioni (costumistiche e scenografiche) allestite dai vari gruppi mascherati. Infatti ogni compagnia sviluppando il proprio originale tema di fatto inventa e rappresenta uno spettacolo di "teatro di strada" in cui i vari componenti realizzano scenette, schetchs e pantomime a ripetizione lungo tutto il percorso e formano un'unica coreografia complementare all'allestimento dei grandi carri allegorici (le cui dimensioni massime sono determinate dall'altezza dei fili elettrici e dalla scarsa larghezza dei percorsi stradali attraversati).
www.carnevaldemuja.com

Nimis
Torna a Nimis il tradizionale appuntamento con il Carnevale, tre giornate di festa in piazza che sono divenute ormai celebri in tutto il Friuli Venezia Giulia, per il gran numero di carri e gruppi che partecipano, ma anche oltre confine, per la presenza di associazioni e sodalizi stranieri che, a ogni edizione, arricchiscono il colorato e festoso evento.
Il "Carneval a Nimis", che culmina con l'attesa "Grande sfilata" del 19 febbraio, prende avvio, in realtà, subito dopo l'Epifania, con l'uscita del Pust dall'antro ove la tradizione vuole sia relegato ogni anno al termine dei festeggiamenti. È il simbolo della follia, del "senza regole", che resta di norma resta in catene e che rimane libero di far danni e scherzi solo in questo particolare periodo dell'anno. Nell'area geografica friulana in cui ricade il territorio di Nimis, così come è per alcune frazioni montane della vicina cittadina di Tarcento e per i paesi delle Valli del Torre, il Carnevale prende il nome di "Pust", dal dialetto proto-slavo che si è conservato in queste zone, unito a molteplici tradizioni del tutto peculiari inerenti anche l'agro-alimentare e la culinaria.
A organizzare il Carnevale a Nimis è la Pro loco insieme al Municipio con il supporto e il patrocinio di Turismo Fvg, della Provincia di Udine, dell'Associazione fra le Pro loco del Friuli Venezia Giulia e, localmente, dal Consorzio Dolce Nord Est e dal Consorzio Ramandolo.
La tre giorni di festa prende avvio sabato 18 febbraio, nel pomeriggio, con l'apertura dei chioschi e la proposta vasta di gastronomia locale. Già in quella giornata, in serata, le maschere si incontrano in piazza XXIX Settembre per divertirsi insieme e cercare di guadagnarsi il premio per il travestimento più originale. Ci sarà spazio anche per i bambini con lo spettacolo di bolle di sapone, dalle 15. Domenica alle 8.30 aprono i mercatini, nell'attesa di seguire, alle 14, la "Grande sfilata" con decine di carri allegorici allestiti dei gruppi delle frazioni locali e dei vicini paesi friulani, oltre ai carri e ai gruppi ospiti in arrivo da oltre confine. Ad animare la piazza anche gli sbandieratori di Cordovado e banda di Castions di Strada. Alle 18 estrazione della lotteria con in palio un viaggio per due persone.
I carri allestiti dagli abitanti di Nimis, che cercando di mantenere fino all'ultimo il segreto sul tema trattato, sono di norma legati a eventi di attualità; non mancherà, per il 2012, la protesta in maschera contro le tasse e, forse, qualche riferimento alla famigerata fine del mondo prevista dai maya per il 21 dicembre prossimo.
Martedì grasso, 21 febbraio, serata finale sotto il tendone riscaldato in piazza, a ingresso libero, con tanta musica e, alle 23, nuove premiazioni per le maschere più belle.

Pulfero
Arcaico e misterioso. Unico. Con un fascino senza tempo. È il Carnevale nelle Valli del Natisone, un paradiso intatto del Friuli Venezia Giulia, in provincia di Udine, al confine con la Slovenia. Una terra dove le tradizioni si sono mantenute originali e vere, tramandate da padre in figlio.
È in questo angolo verde e ricco di storia, puntellato da paesini-presepe, che in febbraio si festeggiano alla vecchia maniera, nel comune di Pulfero, gli unici giorni dell'anno in cui "è lecito insanire". Un evento, quello del "Pust v Baneciji" (in dialetto "Carnevale nelle Valli del Natisone"), che unisce la gioia e il divertimento proprio del mascherarsi e fare dispetti, alla riproposizione di usanze e riti antichissimi, peculiari.
Partecipare al "Pust" significa vivere in prima persona il folclore più vero delle Valli del Natisone, respirare la forza delle sue tradizioni, scoprire un mondo antico e incantato ma, al contempo, incredibilmente vitale e attuale, fatto di vecchi e di giovani, uniti in un rito di passaggio dai caratteri indecifrabili. E anche per questo estremamente attraenti.
Animato da figure animalesche e antropomorfe, da angeli e diavoli, galli e galline, fiori e campanacci, il "Pust" di Pulfero pullula di una moltitudine di presenze misteriose, ora benevole, ora malevoe. Simboleggiando l'eterno alternarsi del bene e del male, della cattiva e della buona stagione promessa dalla primavera in arrivo.
La festa è transfrontaliera, aspetto che la rende ancora più speciale: oltre a dieci gruppi del Friuli, infatti, partecipano sette associazioni e sodalizi provenienti dalla vicina Slovenia, anche questi rigorosamente tradizionali. Tra loro le maschere di Cerkno, le più belle dell'entroterra goriziano. Hanno volti in legno, intagliati e colorati. Sono vestite di muschio, con una fronda d'abete in mano. Vestono foglie d'edera e pellicce. Animose, ingaggiano battaglia e duelli con mazze da boscaiolo, forche da fieno e pale. Lottano ritualmente in una danza propiziatoria per ingrossare le rape.
"Queste maschere - spiega il sindaco di Pulfero, Piergiorgio Domenis - rappresentano, oggi come ieri, la memoria popolare e l'ingegno creativo delle nostre genti. Queste forme di espressione vanno considerate, a pieno titolo, parte dell'insieme delle tradizioni che contraddistinguono le peculiarità proprie della comunità locale. Raccontano, nel tempo contemporaneo, la storia e la cultura del territorio".
www.comune.pulfero.ud.it