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La comunicazione delle strutture ricettive e ristorative: quando l’online è una minaccia/opportunitá

di Luca Otella
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
Dipartimento di Culture, Politica e Società
CdL magistrale in Comunicazione Pubblica e Politica
Relatore: Prof.ssa Maria Elena Rossi
Primo Correlatore: Prof.ssa Monica Gilli
Secondo Correlatore: Dott. Guglielmo Bruna
Anno Accademico: 2017/2018

1.1 - La comunicazione come termine complesso

«Tutto è comunicazione, tutto è apprendimento, tutto è esperienza. Si comunica già prima di comunicare4 . È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all'altro soggetto»

Ogni istante della nostra vita ruota attorno al concetto di comunicazione per quanto sfuggente e poco categorizzabile esso possa essere. Vi sono diversi modi di intendere il termine: come una parola in qualsiasi lingua del mondo, lo studio degli attori sociali, un sorriso, una trasmissione di informazioni , l’ETRAN, una email, un SMS, un videogioco. Questi sono solo alcuni esempi che raffigurano differenti forme di comunicazione, la loro utilità e l’innovazione scaturita con lo sviluppo tecnologico. Come si può vedere, non esiste dunque una definizione univoca per spiegare che cosa sia nello specifico la comunicazione. Può essere intesa, infatti, come un insieme di caratteristiche all’apparenza simili ma di estrema complessità, proprio per la natura costante nella vita degli individui e la presenza sotto forma di contenuti multiformi.

«Una sorta di illusione ottica, che fa apparire la comunicazione trasparente come un bicchier d’acqua e opaca come una scatola nera, […] una doppia natura di casa e di labirinto: un luogo quotidiano e uno spazio intricato in cui si rischia o si sceglie di perdersi».

Secondo le specifiche a cui è collegata, la comunicazione – dimensione primaria della vita e dell’azione sociale dell’uomo – assume accezioni differenti: maggiormente legata ai temi sociali in quella pubblica, oppure più vicina agli aspetti politici, come possono essere le campagne elettorali. Sicuramente appare centrale nell’ambito pubblicitario, per specifiche caratteristiche quali ad esempio, lo scarso tempo a disposizione entro il quale bisogna condensare immagini, testo ed audio ad effetto per colpire lo spettatore. Allo stesso modo è un riferimento nelle pubbliche relazioni poiché offre la possibilità di chiarimenti o spiegazioni necessarie al fine di comprendere meglio un dato argomento

Riguarda, in breve, ciò che è quotidiano e ci circonda. Tutte queste sfaccettature possono generare confusione se non si conoscono le basi. Molti, ad esempio, condividono l’idea che la si possa utilizzare come sinonimo d’informazione ma non è così poiché i due concetti hanno obiettivi differenti. Con quest’ultimo termine, infatti, si intende un’azione unidirezionale che è generata da un individuo verso un altro e quando esiste un attore terzo tra le parti in causa.

La comunicazione delle strutture ricettive e ristorative - Immagine 1

Figura 1 – Il flusso di comunicazione one-step (modello dell'ago ipodermico)
Fonte: http://dsc.unisa.it/Siano/siano_dw/Confetto%20E-I%20n.%202-05.pdf

Con la comunicazione, invece, si compie un altro passo in avanti, poiché rappresenta un rapporto che intercorre in maniera diretta tra il comunicante e il ricevente, in un flusso costante di botta e risposta (comunicazione bidirezionale); ciò presuppone un certo grado di cooperazione e la presenza sullo stesso piano tra le parti di trasmissione ed ascolto. Esistono quindi professionalità, regolamenti e codici etici diversi che permettono di svolgere le due diverse funzioni.

Un’inchiesta svolta, in maniera quasi accidentale, da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet, nel 1940, nel corso della campagna elettorale presidenziale in America, costituì la prima occasione per comprendere la differenza tra i due concetti. In particolare, tale procedimento riguardava lo studio dell’effetto della radio e della stampa nel determinare le decisioni di voto dei cittadini in una comunità dell’Ohio. I risultati dimostrarono che il risultato delle comunicazioni dei mass media era piuttosto scarso se paragonato con quello delle influenze personali (non utilizzato in precedenza, proprio per il poco valore che veniva attribuito).

«Gli elettori si formavano delle opinioni tali che alla fine venivano a conformarsi strettamente al clima politico del loro ambiente sociale. Si poté inoltre accertare che le decisioni erano fortemente influenzate dai consigli e dai suggerimenti di altri individui con cui gli elettori si incontravano nella vita di tutti i giorni. A tutti i livelli sociali sembra dunque che ci siano individui che tendono a produrre il cristallizzarsi dell’opinione dei propri colleghi e compagni».

Prima di questa scoperta si riteneva, infatti, che le élite formassero l’opinione pubblica all’interno delle varie comunità, secondo un ordine di gerarchia verticale, in modo tale da coinvolgere tutti gli strati sociali.

L’inchiesta alla base delle elezioni politiche del 1940, e terreno di partenza per lo studio nel Decatur su 800 donne americane, mise in luce un altro polo, in tal caso una leadership d’opinione orizzontale: ogni strato sociale era in grado di produrre dei leader d’opinione propri, capaci di influenzare la comunità più prossima.

«I leader ufficiali servono formalmente istituzioni organizzate in virtù dell’autorità rivestita nella carica che ricoprono; tra questi vi sono presidenti di grosse società, di sindacati e di governi. I leader non ufficiali guidano senza il beneficio di un’investitura formale: sono gli uomini chiave in un gruppo di operai, gli elementi più dinamici di una riunione di propagandisti, gli anziani che […] parlano facendo le veci dei giornali. Alcuni leader, ad esempio i presidenti dei club, servono solo piccoli gruppi i cui membri sono spesso in contatto faccia-a-faccia; altri, come ad esempio alcuni predicatori radiofonici, sono seguiti da milioni di ascoltatori che non si vedono mai fra loro. Gli agitatori e gli organizzatori spingono gli uomini a seguirli in movimenti di massa; i divulgatori e gli oratori smuovono energie assopite e modificano le idee dei loro silenziosi seguaci. Leader specializzati, come gli aspetti di bridge, si riservano sfere particolari; altri tipi di leader, come i dittatori, guidano le masse in maniera totale in tutti gli aspetti della loro vita».

La leadership spesso viene trasmessa da queste persone casualmente, talvolta in modo involontario e inconsapevole. Si tratta quasi di un aspetto invisibile e perciò difficile da indagare. Centrale in tale nuovo processo, era la figura del leader d’opinione che svolgeva il duplice compito di collegare e amplificare la comunicazione del messaggio promosso dai mass media alle persone.

La comunicazione delle strutture ricettive e ristorative - Immagine 2

Figura 2 – Il flusso di comunicazione a due livelli (modello del two-step flow of communication
Fonte: http://dsc.unisa.it/Siano/siano_dw/Confetto%20E-I%20n.%202-05.pdf

Da tale scoperta si iniziò a rivalutare la reale potenza dei mass media poiché sino ad allora, sembravano avere effetti piuttosto trascurabili sulle decisioni e i cambiamenti di voto. Più che di un effetto di conversione si può parlare di una conferma delle idee del popolo. Le relazioni interpersonali non sono altro che potenziali reti di comunicazione gestite, in maniera cruciale, da uno all’interno del gruppo stesso, ovvero il leader d’opinione.

«L’appropriazione dei prodotti dei media è sempre un fenomeno localizzato: coinvolge individui che vivono in contesti storico-sociali particolari e che interpretano i messaggi dei media e li incorporano nella propria vita utilizzando risorse che trovano a disposizione. E poiché gli individui li adattano ai contesti pratici della loro esistenza, nel processo di appropriazione i messaggi subiscono trasformazioni».

La circolazione della comunicazione e delle informazioni è divenuta con il tempo di carattere globale, mentre l’appropriazione rimane un concetto di diversa natura, maggiormente legata al contesto sociale in cui vivono gli individui.

Intorno alla fine degli anni ’40, inizio anni ’50, la ricerca nel campo della comunicazione si presentava ancora ad un livello piuttosto arretrato e gli studiosi tentavano di capire gli effetti dei mass media sul pubblico. Parallelamente a quanto appena rilevato dallo studio svolto da Lazarsfeld e Katz, nel 1948 Harold Lasswell espresse un concetto, utilizzato ancora oggi in vari campi, per tentare di trovare un sistema per l’analisi della comunicazione: le 5W.

I modelli più studiati originati da detta tabella, sono quelli sugli effetti e sul contenuto. Da queste domande si sono sviluppate ricerche e teorie generali sulla comunicazione stessa.

Who Comunicatore/Emittente Ricerche sul mittente (control analysis)
Say what Messaggio Ricerche sul contenuto (content analysis)
In which channel Canale Ricerche sul mezzo (media analysis)
To whom Destinatario Ricerche sul destinatario (audience analysis)
With what effect Effetti Ricerche sugli effetti (effect analysis)

Tabella 1 - 5W di Lasswell
Fonte: http://teoriedellacomunicazione.50webs.com/teorie/modello_lasswell.html

Nonostante l’importanza di questo modello, con lo sviluppo degli studi sulla comunicazione, appaiono chiari alcuni limiti. Lasswell non prende in considerazione l’intenzionalità della comunicazione e le varie fasi di comprensione di un messaggio. La comunicazione è vista come un percorso a senso unico, poiché l'elemento di feedback dell'ascoltatore è considerato soltanto come un elemento passivo.

La distinzione tra comunicazione ed informazione, sul piano delle pratiche, in un sistema ibrido ed interconnesso come quello attuale, non è così netta.

«L’esigenza innata dell’essere umano di entrare in relazione con gli altri, di produrre interpretazioni e rappresentazioni della realtà, infatti, ha fatto sì che […] aumentassero gli sforzi scientifici e tecnologici per potenziare le sue capacità comunicative».

Con l’avvento dei computer e in particolare di Internet, il processo di differenziazione si è amplificato, rischiando di generare ancora più perplessità. In principio, attorno agli anni ’70, Internet era impiegato dalle tecno-élite accademiche, all’interno delle Università negli Stati Uniti, per motivi professionali. In tale ambiente era impiegato, infatti, come un processore di calcolo utilizzabile da più persone al fine di migliorarne la struttura tecnologica, i protocolli e i formati comunicazionali. Successivamente con la cultura hacker, intesa in maniera differente dal termine utilizzato quotidianamente (“pirata informatico”), iniziò il processo di diffusione della rete, rendendola aperta e alla portata di tutti. Il copyleft, o come viene chiamato dal programmatore ed informatico Stallman «permesso d’autore», consente

«a chi possiede un programma di utilizzarlo in un numero indefinito di copie, cambiarlo a suo piacimento, distribuirlo nella forma originale o modificata, gratuitamente o a pagamento, alle sole condizioni di distribuirlo in formato sorgente e di indurre chiunque acquisisca il prodotto ad aderire allo stesso tipo di contratto. Così, il modello del copyleft ha permesso di dare un fondamento giuridico a un mercato costruito non sulla mera appropriazione privata della proprietà intellettuale».

L’hackeraggio con funzione esplorativa e di ricerca è considerabile una pratica eticamente corretta se non vengono danneggiati sistemi informatici o effettuati atti di violazione della privacy . Questa disponibilità e libertà, attuabile grazie al processo continuo del learning by doing and by using, sono soltanto alcuni dei principi alla base dell’”economia del dono”

«[…] in cui gli individui sono motivati a cooperare per poter costruire relazioni sociali e acquisire reputazione, informazioni e conoscenze. Il “dono” rappresenta dunque un diverso modello di scambio alternativo al denaro che definisce un sistema di obbligazioni sociali reciproche. Il modello produttivo degli hacker, detto peer production, è quindi decentralizzato, auto-organizzato e basato sulla partecipazione volontaria».

Grazie a questo passaggio cruciale si è sviluppata una cultura più intraprendente, ancora oggi predominante, in altre parole quella legata ai movimenti sociali, inizialmente definiti “contro culturali”. In tale fase gli utenti iniziano a sperimentare nuove forme di utilizzo della rete, legate alla conoscenza di altre persone, anche a grande distanza. Internet non è utile solo per collegare computer tra loro perché mette in relazione le persone. In precedenza, già con l’avvento dell’e-mail nel 1971, era stato compiuto un primo passo importante verso un graduale processo di evoluzione a livello comunicativo, spinti dalla volontà di trovare una soluzione ai propri bisogni. La posta elettronica nacque per essere usata sia in modalità uno-a-uno sia tra insiemi di persone organizzate in mailing list sia per comunicazioni uno-a-molti o molti-a-molti. In seguito all’introduzione delle email furono esperiti nuovi tentativi finalizzati al contatto con gli altri: i gruppi di discussione, come ad esempio, forum o newsgroup, servizi di comunicazione sincrona come le IRC, oppure ambienti virtuali. La creatività degli individui ha permesso loro di superare o aggirare alcuni sbarramenti che si erano trovati davanti (numero massimo di caratteri disponibili dal sistema di codifica ASCII utilizzato nella scrittura via Internet), realizzando ad esempio nuove espressioni comunicative: le emoticon. Con l’avvento dei social network si giunge ad un punto di svolta cruciale per la socializzazione intensiva.

Le modalità di connessione insite nei Social Network System, come ha rilevato Meyrowitz, influiscono nelle forme di «una relazione “sfumata” tra pubblico e privato».

La comunicazione diventa accessibile a chiunque, con la peculiarità di un aggiornamento continuo sulle notizie a livello planetario. Alla luce di tali cambiamenti, il periodo storico attuale è stato ridefinito come “società della comunicazione”.

«La necessità di operare in condizioni d’incertezza e parziale non-programmabilità deriva da alcune particolari caratteristiche della società moderna, che si riflettono in modo specifico nelle organizzazioni pubbliche e private, burocratiche e d’impresa. La principale di tali caratteristiche è la velocità del cambiamento. Ad essa si associa l’incessante sfida delle innovazioni, la contingenza di eventi imprevisti che nell’era della comunicazione globale possono provenire anche da aree lontane ma nondimeno ripercuotersi istantaneamente sulle dimensioni vicine e immediate della politica, della produzione, del business. Da tale insieme di sfida dell’innovazione e velocità del cambiamento, la scienza dell’organizzazione fa derivare non solo l’imperativo dell’impresa che apprende ma anche la distinzione tra “apprendimento adattivo” e “apprendimento generativo”. Il primo riguarda il saper rispondere alle situazioni contingenti; il secondo riguarda il saper creare nuove forme organizzative».

In particolar modo nel XXI secolo è emersa una nuova cultura centrale per lo sviluppo di Internet, e di conseguenza fondamentale per migliorare le attività comunicazionali: quella imprenditoriale. Essa ha avuto la lungimiranza di intravedere le potenzialità commerciali della rete, investendovi ingenti risorse finanziarie e organizzative. La Silicon Valley sin dagli anni ’50 è stata fulcro di attrazione di capitale umano e finanziario per l’innovazione tecnologica. Manager creativi considerati “visionari” quali Bill Gates e Steve Jobs hanno completamente rivoluzionato il modo di vivere di gran parte della società mondiale per mezzo dei propri prodotti. Microsoft ed Apple non sono state le uniche aziende ad approfittare dell’espansione del web. Nonostante, infatti, il numero delle startup fosse cresciuto esponenzialmente a fine anni ’80-’90, la bolla speculativa del 2000 in America ne ha ridimensionato di molto la portata, facendo emergere soltanto alcune realtà più consolidate: eBay, Amazon e Google. Tutte queste grandi aziende hanno contribuito allo sviluppo dell’e-commerce e hanno sviluppato nuovi modelli (e mezzi) per comunicare al meglio con i clienti reali e potenziali. Sono di conseguenza stati svolti studi specifici del pubblico di riferimento, al fine di suddividerli in target precisi, prima di rivolgersi ad essi con gli strumenti di marketing adeguati.

Da tale premessa storico-culturale39 si può ora tentare di offrire, seppur con le riserve del caso descritte ampiamente in precedenza, una definizione il più possibile puntuale su cosa sia veramente la comunicazione. A tal fine si è scelto di utilizzare un’importante fonte informativa: il dizionario Treccani che, tra i vari significati attributi alla parola in questione, propone la seguente descrizione:

«In senso più generale (determinato dallo sviluppo degli studî nell’ambito della psicologia umana e animale e nell’ambito della teoria dell’informazione), ogni processo consistente nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra un sistema (animale, uomo, macchina, ecc.) e un altro della stessa natura o di natura diversa. In partic.: Nelle scienze umane e sociali (talora dette anche scienze della c.) e del comportamento, processo di trasferimento dell’informazione contenuta in un segnale, attraverso un mezzo (canale), da un sistema (promotore) a un altro (recettore): in questo senso il segnale è dotato di significato e tale da poter provocare una reazione nel recettore; c. non verbale (o analogica), in contrapp. alla c. verbale (o digitale), l’insieme dei segnali extralinguistici (mimici, cinesici, tattili, ecc.) latori di informazione o di significato nelle relazioni umane o animali; in partic., c. animale (o biocomunicazione), la trasmissione intraspecifica o interspecifica di informazioni relative alla ricerca del cibo, al corteggiamento, alla difesa, ecc., realizzata mediante segnali di varia natura (posturale, tattile, olfattiva, chimica, elettrica, termica, ecc.)».

Oltre a tale definizione, anche il sociologo spagnolo Manuel Castells ne propone una di grande interesse:

«La comunicazione è la condivisione di significato tramite lo scambio di informazione. Il processo di comunicazione è definito dalla tecnologia della comunicazione, dalle caratteristiche dei mittenti e dei destinatari dell’informazione, dai loro codici culturali di riferimento e protocolli di comunicazione, e dalla portata del processo di comunicazione».

In poche righe è descritto in maniera chiara e trasparente il concetto di base che sta dietro alla comunicazione. Anche il sociologo Luciano Gallino ha contribuito, offrendo un’articolata proposta basata su cinque diversi approcci. Tutto ciò può essere brevemente riassunto in cinque parole chiave: emittente, canale, messaggio, codice, ricevente.

Come esposto da Shannon e Weaver nel proprio modello, la comunicazione avviene quando in un contesto di riferimento, l’ente (uomo, macchina o animale) trasmette un contenuto tramite un canale (necessario per passare l’informazione) ad un destinatario. L’emittente fornisce il messaggio codificandolo, perciò soltanto se il ricevente è in grado di svolgere il procedimento di decodifica nel modo appropriato riuscirà a coglierne il significato corretto. In alcune situazioni, inoltre, è di fondamentale importanza un altro fattore, il rumore di fondo.

Esso costituisce un elemento esterno riguardante le interferenze che talvolta si sovrappongono ai segnali durante il tragitto del messaggio, disturbando o rendendo incomprensibile la distinzione tra segnale ricevuto e rumore.

Dalla fig.3 sottostante, che riporta il diagramma di Schramm, si può comprendere l’interazione che avviene tra l’emittente e il ricevente, con il primo che, in seguito ad un dialogo di durata variabile, riesce ad ottenere dei feedback sull’argomento dibattuto.

La comunicazione delle strutture ricettive e ristorative - Immagine 3

Figura 3 - Diagramma di Schramm
Fonte: http://www.unife.it/ateneo/jobcentre/allegati/pil/dispense-lezioni-pil2007/comunicazionecasotti/Cap%20I%20versione%20supefinale.pdf

La codifica dell’informazione non è generica e sempre uguale ma può variare poiché esiste un’infinità di modi differenti di comunicare. Può essere:

  • Intenzionale: quando si decide di trasmettere una notizia a determinate persone o computer, ad esempio impostando password numeriche o sistemi più complessi, quali i sensori;
  • Non intenzionale: come nel caso delle barriere linguistiche o delle differenze culturali

La vita quotidiana è ricca di esempi di questo tipo: l’alfabeto Morse, i dialetti, la segnaletica stradale: sono tutti codici che se non riconosciuti comportano una errata decodifica, contribuendo a produrre un significato diverso dall’originale.

Anche in settori specifici ci possono essere problemi di comprensione. Ad esempio, a causa dello stesso idioma storpiato dalle varie generazioni44 oppure per tecnicismi utilizzati in particolari professioni.

Tali linguaggi, rientranti nella categoria dei sottocodici, non nascono per caso o come tratto distintivo di una categoria, ma rispondono a precise esigenze di sinteticità espressiva tipiche dell’area d’origine di questi ambiti.

A differenza di quanto accadeva intorno agli anni ’50, in particolar modo in ambito politico e pubblicitario, l’attenzione rivolta dalle istituzioni e dal marketing si sta ora spostando verso i destinatari dei messaggi, considerati persone e non più semplici target da “colpire”. La comunicazione, in tale periodo, era intesa quale sinonimo di altri vocaboli: diffondere, inviare, trasferire messaggi in maniera unidirezionale e persuasiva.

Con l’introduzione rivoluzionaria per l’epoca del telecomando nella quotidianità, il pubblico iniziò ad assumere il controllo su ciò che poteva guardare. Questo cambiamento poneva in stretto e diretto rapporto la strumentazione tecnologica (il telecomando) con l’utente, che assumeva un ruolo inaspettato di gestore autonomo dei programmi offerti.

Le parole chiave utilizzate in precedenza (emittente, destinatario, canale) oggi non bastano più per comprendere il processo comunicativo e, più in generale, la comunicazione stessa.

«Se accettiamo il significato del termine “comunicazione” come processo attraverso cui “mettere qualcosa in comune con qualcuno, condividere”, l’efficacia della comunicazione non dipende solamente dalla volontà dell’emittente e dalla competenza nell’utilizzare un codice condiviso con il destinatario e/o eventualmente dall’assenza di interferenze nel canale utilizzato, ma dipende soprattutto dal ricevente, dal clima e dal contesto nel quale avviene la condivisione del messaggio. Il destinatario va quindi ri-collocato al centro del processo comunicativo, con due conseguenze: da una parte, l’ascolto assume un ruolo centrale nell’intero processo; dall’altra, quando non si riesce a “colpire il bersaglio” la “colpa” non è più (o perlomeno non solo) del ricevente (o dei rumori di fondo, dei disturbi dell’ambiente, ecc.), ma soprattutto dell’emittente che non è riuscito a comunicare-con il suo pubblico».

Con la maggiore responsabilizzazione del pubblico da parte delle istituzioni e dei sistemi radiotelevisivi, l’ascolto diventa uno degli aspetti più importanti della comunicazione. In particolar modo con l’avvento del XXI secolo e la presenza sempre più “invadente” di Internet e dei computer nella vita quotidiana, diventa centrale la conoscenza dei riceventi. Dopo un graduale passaggio di consegne, è (o sembrerebbe), infatti, il pubblico, ora, a detenere il potere.

In un momento storico come questo, definito Era dell’abbondanza, caratterizzato da un sovraffollamento informazionale, pare necessario scegliere con cura le parole con cui esprimere il proprio messaggio.

Lo sviluppo della televisione (maggior numero di canali, collegamenti OnDemand, piattaforme private), la nascita dei social network e l’offerta del digitale su pc/tablet/smartphone, ha permesso di ampliare questa “autonomia gestionale” dell’informazione a proprio piacimento. Tutto ciò non è stato esente da turbamenti e ripercussioni, che hanno avuto effetti sulla comunicazione: il pubblico assumeva un ruolo attivo ed interagiva con le dinamiche di varie trasmissioni.

Non sempre però, vale il principio appena esposto. Un tema piuttosto rilevante merita quanto meno di essere accennato in questa sede. Le parole non sono sempre necessarie per esprimere il proprio pensiero. Il linguaggio del corpo è talvolta utilizzato per enfatizzare alcuni vocaboli, cercando di darne maggiore risalto, mentre in altre occasioni diventa una soluzione a problemi più gravi. Nella mimica utilizzata da alcune categorie di persone disabili (muti e sordo-muti), la comunicazione subisce una trasformazione ed un adattamento poiché senza il bisogno di pronunciare alcun suono si riesce comunque ad essere compresi.

Anche gli animali, sfruttando differenti caratteristiche in grado di contraddistinguerli, riescono ad entrare in contatto tra loro. La postura, lo sguardo, i gesti, le radiazioni termiche, sono strumenti fondamentali per segnalare ai propri simili eventuali pericoli o fonti di cibo. Allo stesso modo degli umani quindi, le informazioni circolano e si creano dialoghi utili alla vita di ogni giorno.

Ciò ci fa comprendere maggiormente come quanto osservato all’inizio del paragrafo sia in effetti veritiero. Tutto è comunicazione. È impossibile non comunicare. Ed è proprio da queste prime informazioni che si vuole partire per l’analisi più specifica della comunicazione stessa.