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Analisi strategica nel settore del turismo enogastronomico, tra innovazione e tradizione: il caso Tenuta Lombardi

di Antonio Lombardi
Università degli Studi di Salerno
Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche
Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale
Economia e gestione delle imprese
Relatore: Ch.ma Prof.ssa Cinzia Genovino
Anno Accademico 2020/2021

3.1.2 - L’enogastronomia del territorio: la centralità della Dieta Mediterranea

La cucina cilentana è tutta da scoprire: la genuinità viene portata sui piatti grazie a materie prime di primissima qualità accompagnate da tradizioni contadine che rendono il tutto ancor più speciale.

Il Cilento è circondato da viti e ulivi che si trasformano in prodotti certificati come l’olio di Cilento DOP ed il vino rosso e bianco DOC. Si passa a prodotti quali la soppressata di Gioi, il Cacio ricotta e tante altre specialità gastronomiche come, ad esempio, i cavatelli o fusilli al sugo di castrato o le melanzane ripiene (in dialetto “mulignane mbuttunate”). Nelle stagioni estive balza all’occhio sicuramente il fico bianco, la cui presenza in questo territorio risulta precedente al VI secolo a.C. Oggi la denominazione di origine protetta è riservata tanto al prodotto fresco quanto a quello lavorato e successivamente essiccato (a cui vengono poi aggiunte, solitamente, mandorle e cioccolato). Nella elencazione menzione speciale vanno poi inseriti anche i fichi infilati in due stecche di legno parallele a formare le cd. “spatole” o “mostaccioli”.

Il Cilento è anche, come già affermato terra di oli prelibati. L’olio del Cilento Dop si ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Salella e Leccino: si presenta come un olio dal colore giallo pallido con buona vivacità e intensità; spesso chiaro, a volte velato. All’olfatto mostra un leggero sentore di fruttato, con note di mela e di foglia verde. Anche Presidio Slow Food sono poi le alici di Menaica, praticate soprattutto a Pisciotta e conservate principalmente sotto sale.

Emerge quindi da quanto detto una cucina con ingredienti relativamente poveri ma con una forte impronta territoriale.

Il Cilento è, soprattutto, la Patria della Dieta Mediterranea, nata nel borgo marittimo di Pioppi, nel comune di Pollica. Grazie ad un lavoro decennale dello studioso americano Ancel Keys, trasferitosi nel paesino in questione, egli scoprì che lo stile di vita del posto garantiva in qualche modo “un elisir di lunga vita”.

Prima di affondare nella descrizione specifica della dieta basti pensare che lo stesso Keys, con piccole abitudini giornaliere e attenzionando sempre il proprio modo di mangiare, è vissuto cento anni individuando proprio delle correlazioni tra alimentazione e malattie varie.

Il lavoro di Keys permise di rilevare, nello specifico, la bassa incidenza di malattie cardiovascolari dovuta alle abitudini alimentari adottate da queste popolazioni. Tale dieta, intesa come un vero e proprio stile di vita, si basava sul consumo, principalmente, di amidi (come pane e pasta), vegetali (frutta, cereali, ortaggi, legumi), olio di oliva e piccole quantità di carne rossa e bianca.

Figura n.12- La classica forma piramidale della dieta mediterranea

Analisi strategica nel settore del turismo enogastronomico, tra innovazione e tradizione: il caso Tenuta Lombardi - Immagine 14

Fonte https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/dieta-mediterranea-una-piramide-di-salute

Come si può ben osservare Keys elaborò una gerarchia con un ordine ben delineato: alla base della piramide che sintetizza la dieta sono distribuiti gli alimenti da consumare più volte al giorno, mentre al vertice troviamo i cibi da limitare durante la settimana.

Questi elementi devono essere consumati quotidianamente in proporzioni ben definite, al fine di ottenere una dieta bilanciata comprendente tutti i tipi di alimenti, distribuiti secondo la seguente ripartizione: 60% carboidrati, 25-30% grassi, 10-15% proteine.

La Dieta Mediterranea è molto più, va sottolineato, di un semplice elenco di alimenti o una tabella nutrizionale. Vi sono tecniche, conoscenze e rituali che vengono tramandati da anni con le più disparate pratiche, dalla pesca alla coltivazione fino a passare alla raccolta. Il mangiare, discorso molto caro al turista enogastronomico, è la base di tali territori, dove un momento di condivisione, di ospitalità e del dialogo interculturale si fondono in eventi quali sagre e festival che attirano l’interesse di tutte le età e classi sociali.

Dopo una serie di studi e solleciti, nel marzo 2010, la cd. “Dichiarazione di Chefchaouen” segna la candidatura della dieta nella rinomata lista dell’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Sono state quattro le comunità emblematiche che hanno permesso questo: Cilento (Italia), Koron (Grecia), Sorìa(Spagna)e Chefchaouen(Marocco).

Il Comitato intergovernativo dell’UNESCO ha ufficialmente sancito il 16 novembre 2010, a Nairobi, l’inserimento della Dieta Mediterranea nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità fornendo l’opportunità di attivare un programma di azioni volte a tutelare e valorizzare questo tesoro. La dieta mediterranea, oltre ad incidere favorevolmente sul nostro organismo, ha una ricaduta economicamente vantaggiosa sul turismo naturalistico ed enogastronomico del territorio.

Tutto ciò non sarebbe stato di certo possibile senza il lavoro incessante ed il sollecito del compianto sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, vittima di un agguato nel settembre dello stesso anno, dopo 3 anni dall’avanzamento della richiesta. A lui è stato dedicato questo enorme traguardo e ha in gran parte ispirato, tra l’altro, anche il lavoro di tesi in questione.

Tale decisione fin da subito scatenò numerosi effetti collaterali importanti: all’estero i prodotti base della dieta mediterranea subirono un aumento del 9 per cento nelle esportazioni, a conferma della grande fiducia conquistata dalle produzioni tricolori a tavola. La Coldiretti rincarò la dose, basandosi su dati ISTAT: le performance di ortaggi (+20% in quantità nell'export), frutta (+18%) e olio d'oliva (+10%), ma anche conserva di pomodoro (+3%), pasta (+2%) e vino (+1%). Le imprese italiane devono entrare nell’ottica che tali prodotti possono rappresentare un volano di sviluppo, una palla al balzo da cogliere subito ai fini di un turismo enogastronomico che vale 5 miliardi e si conferma come una vera forza motrice della vacanza made in Italy, segmento in costante e continua crescita nel panorama dell'offerta turistica nazionale.

Proprio sfruttando la biodiversità e la forte impronta culinaria del territorio nascono per le imprese opportunità economiche degne di nota. Questi tre elementi devono lavorare in sinergia per far fuoriuscire il potenziale da ognuna di essa e far sì che le opportunità appena citate si traducono nella realtà dei fatti.