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Analisi statistica di “Tourist Satisfaction” presso le strutture ricettive di Polignano a Mare

di Paola Paparella
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Dipartimento di Studi Aziendali e Giusprivatistici
Corso di Laurea Specialistica in Marketing
Tesi di Laurea in Statistica del Turismo
Relatore: Ch.mo Prof. Francesco D’Ovidio
Anno accademico: 2014-2015

1.1 - Evoluzione del fenomeno turistico

Per argomentare in maniera chiara ed esaustiva il concetto di turismo e la sua evoluzione è utile partire dalla sua definizione: “il turismo è il complesso delle manifestazioni e delle organizzazioni relative a viaggi e soggiorni compiuti a scopo ricreativo o di istruzione”. Al centro dell’esperienza turistica vi è il “turista”, definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (United Nations World Tourism Organization) come “colui che viaggia in paesi diversi dalla sua residenza abituale e al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte ma non superiore ad un anno, e il cui scopo abituale sia diverso dall’esercizio di ogni attività remunerata all’interno del paese visitato”. Si tratta di una definizione che, sebbene attenga al turismo moderno, ben contempla gli elementi propri del fenomeno turistico fin dalle sue origini (lo spostamento, la durata, la motivazione, ecc.), e che lascia intuire la difficoltà, non solo di definire che cosa sia il turismo, visto che molteplici definizioni sono state date da diversi autori negli anni, bensì di quantificare tale fenomeno: invero, la mobilità del collettivo statistico (turisti) sul territorio e il regime di libera circolazione delle persone alle frontiere, nonché le nuove “modalità di fare turismo” (il turismo residenziale, il caravaning, ecc.), rendono sempre più complessa la rilevazione statistica dei flussi turistici.

Facilmente si associa la parola turismo alla parola “viaggio”, per cui risulta corretto osservare l’evoluzione dello stesso e delle molteplici motivazioni che nella storia dell’umanità hanno condotto al viaggio; tali precisazioni risultano essere di carattere culturale, religioso, ricreativo e di salute.

Individuare l’epoca di nascita del turismo è difficile, ma sono diffuse informazioni relative ai movimenti di gruppi di persone che ebbero luogo nell’antichità e che possono essere considerate forme primordiali di turismo. Nella Grecia classica (V sec. a.C.), per esempio, il viaggiatore era considerato persona sacra, messaggero degli dei ed era la stessa religione greca che favoriva l’abitudine di recarsi laddove si riteneva che gli dei pronunciassero i loro oracoli. Sempre sotto l’aspetto religioso, si è verificato come molti devoti giungevano nei luoghi caratterizzati dalla presenza divina, sia per devozione, sia per beneficiare del misterioso potere miracoloso che si riteneva vi fosse presente.

Col passare del tempo, il culto tipicamente greco per gli oracoli si diffuse anche nel mondo romano, così come i conseguenti pellegrinaggi verso i santuari delle divinità. I viaggi vennero facilitati, oltre che dalla eccellente rete viaria, anche da una maggiore prosperità economica, e alimentati da motivazioni di carattere religioso, culturale o di puro riposo e svago. Nello stesso periodo venivano inoltre costruite le prime strutture ricettive della storia, denominate “stationes”, che offrivano ai viaggiatori vitto e alloggio.

Inoltre, sia per i greci che per i romani, gli spostamenti svolgevano una funzione di carattere terapeutico: la cura del corpo, l’attenzione per la salute, nonché il tentativo di sfuggire alla noia e alla depressione, fecero diffondere il viaggio terapeutico e la passione per le terme e per i bagni pubblici, che diedero luogo a forme di turismo organizzato, con la nascita di strutture specializzate integrate, come luoghi di ritrovo, giardini, impianti sportivi, musei, biblioteche. In particolar modo i romani furono abilissimi nel rendere facilmente praticabili queste 'infrastrutture' con interventi sulla pavimentazione stradale e, soprattutto, sugli elementi accessori quali ricoveri e luoghi di sosta, ponti, torri di vedetta e castelli, ecc.

Queste prime forme di turismo locale e di impiego del tempo libero all’epoca dei romani si concretizzavano principalmente in una forma di turismo riservato agli imperatori, all’aristocrazia, ai religiosi, ovvero a coloro che appartenendo alle classi agiate, che avevano la possibilità di viaggiare per motivi d’affari, militari, religiosi, in occasione di eventi sportivi o, ancora, per soggiorni curativi e di benessere. Un’altra forma di spostamento che nel mondo romano ebbe un notevole sviluppo, sia pur sempre limitatamente alle classi elevate, fu quello della villeggiatura, intesa proprio nel senso etimologico del termine: risiedere per un determinato periodo dell’anno, tipicamente quello estivo, lontano dal caos della città, in ville situate in località piacevoli, soprattutto nel territorio dell’attuale Campania (Capri, Ischia, Stabia, Baia, Miseno), nei dintorni di Roma (Tivoli, Anzio) ed in Etruria (corrispondente all’attuale Toscana).

Successivamente, fra la caduta dell’Impero Romano (476 d.C.) e l’età di Carlo Magno (771 d.C.), le invasioni barbariche e il succedersi di guerre sanguinose, anche per lo stato di abbandono in cui era caduto il grande sistema viario imperiale, resero i viaggi molto pericolosi e ardui tanto da divenire rari e quasi eccezionali; le stesse ville di campagna, una volta destinate alla villeggiatura, si trasformarono in luoghi fortificati per la difesa.

Nel Medioevo, con il ritorno ad una situazione di pace apparente, i viaggi riacquistarono il loro valore di esperienza fondante nella vita dell’uomo; in particolare si ebbe una forte ripresa del pellegrinaggio verso i luoghi di culto (Tours, Canterbury, Padova, Roma, Santiago de Compostela e Gerusalemme per il mondo cristiano, la Mecca e la Medina per il mondo islamico), sia grazie alla presenza di importanti vie di comunicazione (per es. la via Francigena) sia grazie all’ospitalità e all’assistenza fornita dai vari ordini religiosi lungo il cammino. Anzi, inizialmente gli unici posti dove era possibile trovare un alloggio sicuro erano proprio i centri religiosi: chiese, monasteri, abbazie e conventi, presso i quali viandanti o pellegrini trovavano accoglienza senza dover pagare (pur se erano logicamente incoraggiate le offerte spontanee) e soprattutto senza correre il rischio di essere derubati. Tali spostamenti rappresentarono un modo per arricchire la letteratura di quel tempo sull’”esperienza del viaggio”; gli autori però si limitavano a fornire informazioni sul viaggio, sulle condizioni climatiche dei luoghi, sulle difficoltà e sui rischi del viaggio stesso, trascurando del tutto invece la descrizione dei luoghi attraversati, dei paesaggi, dei popoli e della loro cultura comportando così una descrizione superficiale anche di monumenti simbolo di alcune città.

Col passare del tempo iniziarono a svilupparsi i primi viaggi strutturati dei grandi centri in cui la motivazione principale non era più la sola visita del luogo di culto, bensì la conoscenza di terre lontane e culture differenti; grazie a questo nuovo fenomeno turistico anche le produzioni letterarie modificarono il loro modo di osservare i molteplici aspetti delle città visitate, dandone descrizioni completamente nuove ed elaborate. Perciò la grande stagione dei pellegrinaggi si avviava ormai alla conclusione e lasciava spazio a viaggi culturali e di piacere in cui tra le motivazioni che spingevano ad intraprenderli, c’erano l’interesse a conquistare nuove terre, avviare attività commerciali con paesi lontani ma anche iniziare avventure al confine della conoscenza umana aprendo la strada verso un nuovo mondo.

In questo contesto nacque il concetto di ostello (derivato dal latino “hospitalis”), ad indicare una struttura che offrisse beni e servizi ai viaggiatori dietro un compenso (stesso significato assunto più tardi dal termine albergo, inizialmente nato per indicare gli alloggiamenti militari temporanei). Da “ostello” derivò poi la parola francese hotel, che significa “residenza” e che divenne ben presto il termine internazionale per indicare la struttura in grado di offrire buona ospitalità e garantire sicurezza e comodità ai suoi ospiti.

In senso moderno il concetto si afferma soltanto nel XVIII sec. che vede apparire, nello stesso tempo, l’idea del viaggio romantico e la rivoluzione dei trasporti. Progressivamente il turismo guadagna più strati sociali dei paesi sviluppati eccetto la classe contadina e operaia; la prima soggetta a una tradizionale inerzia e oggettivamente impedita dalla continuità delle cure per la terra e il bestiame oltre a non avere reddito a sufficienza dato che i loro guadagni bastavano appena a soddisfare le spese fondamentali per la vita quotidiana; la classe operaia invece si ritrovava comunque a non avere tempo da dedicare a queste attività avendo a disposizione solo la domenica come giorno libero e che serviva per riposarsi dalle lunghe giornate lavorative della settimana.

Il Rinascimento segnò un momento di risveglio culturale e di cambiamento nella tipologia del viaggio. Esso interessava una platea di persone sempre più vasta, di età e di condizione sociale diversificata, che viaggiano per un lungo periodo, anche diversi anni, lasciando alla fine un diario della loro esperienza, una descrizione del viaggio, semplici appunti contenenti riflessioni personali, narrazioni, esercitazioni letterarie o, anche, solo un vademecum utile per i successivi spostamenti. Fu quello infatti il momento in cui, nella storia della mentalità collettiva, il viaggio acquistò valore per le sue intrinseche proprietà. Indipendente dalla soddisfazione di ogni singolo bisogno, si propose esso stesso come unico e solo fine, in nome di una curiosità diventata più audace, in nome del sapere e della conoscenza da un lato e del piacere dell'evasione, del puro divertimento, dall'altro. Questa idea innovativa3 cominciò a diffondersi in Europa e si incarnò nell’entusiasmo del viaggio in Italia; tale “giro” presto divenne una moda e ad esso è stata assegnata anche la dicitura internazionale “il Grand Tour”. Con questo nome si indicò il viaggio di istruzione, intrapreso dai discendenti delle case aristocratiche di tutta Europa, che aveva come fine la formazione del giovane gentiluomo attraverso il salutare esercizio del confronto. Il termine “tour”, che soppianta quello di “travel” o “journey” o “voyage”, chiarisce come la moda di questo viaggio si specifichi in un “giro” (particolarmente lungo e ampio e senza soluzione di continuità, con partenza e arrivo nello stesso luogo) che può attraversare anche i paesi continentali ma ha come traguardo prediletto e irrinunciabile l'Italia. Non più l'Italia degli itinerari medievali ma l'Italia delle cento città la cui fitta trama urbana diventa la meta prediletta di un nuovo pellegrinaggio.

In seguito, l’espressione “Grand Tour”, fu riferita ai viaggi di formazione che i giovani aristocratici, primi fra tutti inglesi ma poi provenienti da tutta l’Europa occidentale, compivano a completamento della propria formazione umana e culturale. Il viaggio era generalmente della durata di tre-quattro anni (il tempo necessario affinché i giovani potessero diventare “cittadini del mondo”) ed era spesso circolare: dalla Gran Bretagna si passava alla Francia, all’Italia per poi far ritorno in Inghilterra attraverso la Germania e l’Olanda, toccando centri come Parigi, Amsterdam, Vienna, Praga, Milano, Roma, Firenze, Venezia, Napoli.

Il viaggio perciò, come ben illustra Michel de Montaigne (filosofo, scrittore e politico francese noto anche come aforista), non era più un semplice strumento pedagogico ma, anche, espressione di un’esigenza interiore dell’uomo rinascimentale, che si apriva al diverso e alle altre culture, dettata dalla voglia di conoscenza o dal semplice piacere di viaggiare. Era un viaggio che non aveva bisogno di trovare giustificazioni esterne ma divenne un’esperienza personale contenente una dimensione esistenziale intima, di riflessione, a cui partecipavano gli studenti, come iniziazione alle difficoltà della vita, per l’apprendimento delle lingue o delle buone maniere ma anche uomini di cultura, pensatori, artisti, nonché funzionari pubblici, nobili, dignitari ecclesiastici, militari e mercanti a cui servivano non più opere letterarie, ma guide pratiche, maneggevoli, in grado di sintetizzare il maggior numero di informazioni disponibili ed utili per questo nuovo tipo di viaggiatore.

Tutto ciò determinò un aumento dei flussi, nonostante viaggiare rappresentasse, ancora, un forte rischio per la presenza di saccheggiatori o di contadini in rivolta, ed un’impresa ardua a causa della “semplicità” dei mezzi di trasporto (si viaggiava in carrozza o addirittura a piedi), della mancanza di vie di comunicazione agevoli, di documentazione valida come delle carte aggiornate; le fonti erano, infatti, ancora rappresentate da “vecchie guide” che si rifacevano all’eruditismo locale, tramandando vecchi luoghi comuni che tardavano a scomparire. Un loro aggiornamento si avrà solo nell’Ottocento ad opera del viaggiatore-intellettuale, italiano e straniero, che offre una nuova immagine della realtà.

Tra la fine del XVIII secolo ed i primi decenni del XIX, il Gran Tour cominciò a diffondersi fra la borghesia agiata, desiderosa di assumere i canoni della vita aristocratica, e più tardi fra artisti e letterati dalle sostanze decisamente più modeste. Successivamente, a spostarsi non erano più i giovani ma, in prevalenza, uomini di età compresa tra i 30 e i 40 anni che rivolgevano la loro attenzione alle bellezze naturali e paesaggistiche di cui i vari Paesi, l’Italia in particolare, potevano vantarsi. La durata del viaggio si ridusse a tre-quattro mesi grazie, anche, allo sviluppo dei mezzi di trasporto ed alla progressiva costruzione delle reti ferroviarie. Infatti grazie ai continui miglioramenti della rete viaria, nell'arco cronologico piuttosto ampio entro cui si dispiega la voga del viaggio, si possono osservare costanti progressi nella praticità, velocità ed efficienza dei mezzi di trasporto. Viaggiare in comodità era il requisito fondamentale di tutta l'organizzazione e quindi caratteristiche come la sicurezza, il comfort, la rapidità (ed anche un occhio particolare al decoro del mezzo) erano tutte preoccupazioni non accessorie ma vitali in questo periodo ma ciò che determinava le diverse scelte e modalità del viaggio era soprattutto il denaro. Protagonista assoluta dei mezzi di trasporto è stata la carrozza e trascorsero secoli in cui essa dominò incontrastata, rappresentando il simbolo tangibile dei grandi viaggi dell'epoca. Questo antenato del moderno camper, di pari passo con il suo ammodernamento, diventò uno status symbol, oggetto di una serie di trattati sempre più minutamente regolamentata e degno ispiratore di una prosa poetica che ne esaltava aspetto e funzioni. Il piacere del viaggio cominciava esattamente nelle operazioni legate alla scelta e all'equipaggiamento della carrozza, piacere puro ancora non inquinato dalle scomodità del viaggio vero. Infatti lo scrittore, pittore, poeta e critico d'arte britannico John Ruskin scrisse, a Ottocento inoltrato, della sua nostalgia per il viaggio in carrozza, sostituita ormai da altri mezzi di trasporto grazie al progresso degli stessi, manifestando quasi un disprezzo per quello pubblico e organizzato che si serviva della ferrovia e affermava: "quei miseri schiavi e sempliciotti che si fanno trascinare come bestie o come legname da costruzione attraverso i paesi che credono di visitare [...] non hanno la minima idea delle complesse gioie e delle ingegnose aspettative legate alla scelta e alla predilezione della carrozza da viaggio di un tempo".

Numerose erano inoltre le rappresentazioni, i disegni ed i dipinti, frutto di ispirazioni che avvenivano durante i viaggi, che arricchirono e rinnovarono il mondo letterario e quello dell’arte; così come altrettanto significative erano le molte opere in cui artisti stranieri “raccontavano” il nostro Paese, veri e propri documenti dell’evoluzione della nostra civiltà e fonti preziose per l’interpretazione del paesaggio rurale, urbano e costiero. In aggiunta a questo si diffondevano anche le guide turistiche, espressione di un rinnovato approccio che dal culturale si orientava al pratico, sintetizzavano una serie di notizie utili per il viaggiatore, così come non mancavano consigli e suggerimenti relativi a luoghi da visitare e strutture da preferire. Esse cominciavano ad avere al loro interno non solo testi ma anche immagini; la fotografia infatti, divenne parte integrante del discorso arricchendolo e completandolo al meglio. La guida quindi rappresentava uno strumento indispensabile nelle mani del viaggiatore.

Al tempo stesso il Grand Tour spostò così l’asse del turismo culturale verso l’Europa mediterranea; nel corso dell’Ottocento, l’ulteriore miglioramento delle vie di comunicazione, soprattutto lo sviluppo del trasporto marittimo, spinse il viaggio ad assumere nuove forme investendo anche territori esterni all’Europa: era l’inizio del viaggio esotico (India, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda) che si affermerà soprattutto sul finire del XX secolo, e con l’arrivo in Europa degli americani. Tra l’altro il secolo d’oro del Grand Tour, segna il passaggio da una società in cui avvengono spostamenti dovuti sia a motivi culturali ed educativi, che mercantili e religiosi, ad una società in cui si afferma gradualmente il turismo di massa, portatore di nuove motivazioni, nuove ideali e nuovi obiettivi. Molteplici fattori hanno determinato l’evoluzione del turismo da fenomeno d’élite a fenomeno di massa, come l’incremento della popolazione mondiale, l’aumento dello sviluppo industriale e del commercio, il miglioramento delle condizioni politico e sociale e la modernizzazione dei mezzi di trasporto.

La trasformazione delle società di viaggiatori in società di turismo di massa, ben organizzate, promosse e gestite anche a livello pubblico, e quindi non più solo privato, è favorito dal verificarsi di una serie di condizioni. In primo luogo, il turismo assume il carattere di un diritto sociale poiché la nuova società industriale riconosce al lavoratore il diritto al tempo libero e alle ferie pagate, stabilendo anche la possibilità di concedersi un periodo di vacanze e la libertà di viaggiare per i più diversi scopi individuali. Il turismo di massa nacque negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e fu favorito dalla crescita del trasporto aereo intercontinentale. In poche ore di volo si potevano raggiungere luoghi e mete lontane. Il boom economico statunitense si replicò dieci anni dopo anche in Europa. I mercati di massa e la sindacalizzazione del lavoro favorirono la crescita del potere di acquisto minimo e rendendo il prezzo dei viaggi sempre più accessibili per tutti.

Questi erano anche gli anni in cui gli Stati Uniti, attratti dalla moda europea del turismo, la importarono, indirizzandola verso un “turismo naturalistico” attraverso la creazione di parchi nazionali, quali luoghi di conservazione del patrimonio naturale minacciato dai grandi cambiamenti che la rivoluzione industriale stava producendo, e spazi incontaminati ideali per una vacanza naturalistica e salutare. Nel 1832 il Congresso di Washington aveva messo sotto tutela una prima area di 12 km quadrati, la Hot Spring Reservation; successivamente furono create altre riserve come Yosemite Valley, Yellowston National Park, le Cascate del Niagara, ecc.

L’istituzione dei primi parchi naturali in Europa risale agli inizi del Novecento, dapprima in Svezia, Svizzera, Spagna e successivamente in Germania, Italia, Norvegia, Polonia ed Unione Sovietica; solo nel dopoguerra furono avviate vere e proprie politiche di valorizzazione di queste aree anche per fini turistici.

Con la prima guerra mondiale (che ha portato disastri in tutti i campi) il turismo aristocratico, coi suoi circuiti cosmopoliti, si interrompe, ma alla fine della guerra invece di riprendersi esso appare entrato in una crisi irreversibile. Dopo la guerra infatti, la persistente crisi economica e politica europea, la fine della società cosmopolita e il lento emergere dell’uso estivo del mare portarono alla fine della bella époque della balneazione invernale (che sopravvive marginalmente), cui contribuì anche il crescente successo degli sport invernali e delle località di montagna.

Proprio negli anni in cui il turismo aristocratico europeo entra in una crisi irreversibile, giungono lentamente a maturazione le condizioni per un turismo molto più ampio, in grado di coinvolgere anche strati medio bassi e bassi della popolazione. Le vacanze infatti venivano modellate in base alle esigenze della classe media (nuova protagonista del turismo europeo ed avanguardia del turismo di massa del secondo dopoguerra) che, grazie alle maggiori opportunità occupazionali e reddituali (in primis la retribuzione delle ferie) offerte dalla rivoluzione industriale, entrava a far parte del mercato turistico, costituendone un segmento importante. Sono anni in cui ci si rese conto che il turismo non era solo un fatto economico di rilievo ma un’attività economica da promuovere. La stabilizzazione politica, lo sviluppo economico e dei trasporti, la nuova organizzazione del lavoro, l’avanzare del processo d’industrializzazione, il riconoscimento delle ferie pagate, portò i nuovi strati sociali alla conquista del tempo libero e alle vacanze diffuse, facendo sì che il turismo coinvolgesse un numero sempre crescente di individui fino ad assumere, appunto, connotati di massa.

Il turismo si caratterizzava per una elevata standardizzazione della domanda e dell’offerta e per la concentrazione dei flussi in determinate destinazioni turistiche: l’industria turistica, alla continua ricerca di economie di scala, tendeva a migliorare ed incrementare la tipologia delle strutture ricettive/ristorative e dei servizi offerti, a sviluppare nuove attrattive (come per esempio si ebbe l’esplosione degli stabilimenti balneari e dei parchi del divertimento), organizzando pacchetti turistici che, però, tenevano conto delle esigenze sempre più differenziate dei vari segmenti del mercato.

Le guide turistiche prodotte in questi anni si trasformarono in un vero e proprio strumento promozionale del territorio. Esse, infatti, non costituivano più una rappresentazione delle diverse realtà, non vi era alcuna attenzione per la cultura dei luoghi, per lo spazio vissuto, ma si limitavano alla presentazione e descrizione, in maniera veloce e superficiale di possibili itinerari di viaggio, dando un’immagine impersonale del paesaggio descritto in modo tale da fornire sempre più indicazioni sul viaggio. A questa tendenza si reagisce, però, negli anni Sessanta, soprattutto grazie alle neonate associazioni ambientaliste e all’apporto di intellettuali e storici locali. La guida tornò ad essere strumento di conoscenza e di formazione, inventario dei beni da conservare e da valorizzare, strumento di promozione di turismo inteso come arricchimento culturale e nello stesso tempo come occasione di sviluppo economico che può favorire la stessa conservazione del patrimonio. Il turista trovava nelle guide il materiale utile alla organizzazione del “suo” viaggio, fornendo nuove idee, consigli, spunti su posti da visitare e non un itinerario da seguire passivamente.

Nel giro di qualche decennio, il turismo di massa, quindi, da “turismo interno ai singoli Paesi” si evolve, dapprima, in “turismo europeo di massa”, per poi assumere la veste di “turismo internazionale” con la concentrazione dei flussi nell’Area del Mediterraneo ed, infine, di “turismo globale” con il coinvolgimento di territori ed attori appartenenti a tutte le aree del globo.

L’Italia in chiave turistica, ha ricoperto e, nonostante le difficoltà, ancora oggi ricopre un ruolo di primaria importanza a livello internazionale; questo è stato possibile grazie alla differenziazione dell’offerta da parte dell’industria aerea cominciando ad introdurre i primi voli charter nello stesso momento in cui il progresso rendeva più rapida e immediata la trasmissione radio-tv da ogni luogo del mondo.

Oggi la televisione e Internet svolgono un ruolo fondamentale nella comunicazione del turismo; grazie a sofisticate tecnologie, rispetto al passato, oggi è molto più veloce ed agevole l’organizzazione di un viaggio poiché esistono in rete portali predisposti per l’organizzazione di viaggi e la ricerca di servizi turistici, come anche travel blog o ancora guide di viaggio disponibili e scaricabili online gratuitamente o a prezzi più bassi rispetto al formato cartaceo. Negli ultimi anni ha avuto una forte crescita la vendita dei cosiddetti viaggi last minute ovvero pacchetti di viaggio acquistati pochi giorni prima della partenza a prezzi molto più bassi rispetto alla media. Inoltre, lo sviluppo delle compagnie aeree low cost, nate all’inizio degli anni Novanta, ha dato forte impulso ai viaggi di breve durata in ogni periodo dell’anno favorendo il turismo anche in luoghi meno conosciuti e poco frequentati.