Uno studio ed un'analisi dell'offerta ricettiva dei bed & breakfast in Sicilia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, SOCIETA, POLITICA- DESP
Corso di Laurea Magistrale in MARKETING E COMUNICAZIONE PER LE AZIENDE
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Federica Murmura
Anno Accademico: 2017/2018
1.2 - La normativa nazionale riguardante le strutture ricettive
La gestione di strutture destinate a fornire ospitalità al pubblico costituisce senza dubbio elemento centrale nell’ambito del fenomeno turistico.
Ciò ha da sempre portato il legislatore a regolamentare specificamente questo argomento, soprattutto a tutela degli interessi pubblici primari (economici, di igiene e di sicurezza) connessi.
Prima della riforma 135/2001, la disciplina statale in tema di turismo identificava lo svolgimento di attività ricettiva con la nozione di impresa turistica; si definivano infatti imprese turistiche “quelle che svolgono attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici”.
La 135/2001 successivamente fornì una nuova definizione, che non limitasse la nozione di impresa turistica alle sole attività di gestione di strutture ricettive e annessi servizi turistici, ma che ne uniformasse il trattamento a quello di qualunque altra impresa.
Si definirono infatti imprese turistiche quelle che “esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione e la gestione di prodotti, servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione, facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica”.
L’intento del legislatore fu quello di fornire una definizione che potesse individuare quale oggetto dell’impresa turistica qualunque attività comunque concorrente alla formazione dell’offerta turistica, scegliendo di non differenziarla e di non trattarla in modo differente, in quanto la diversità dei servizi offerti non poteva comunque giustificare un trattamento giuridicamente diverso.
Come già espresso nel precedente paragrafo però, ad oggi la definizione di impresa turistica è da ricollocarsi al D.lgs. n°79 del 2011, che col nuovo Codice del Turismo ha ricompreso e allargato la gamma di attività ad essa riferibili.
L’applicazione della disciplina prevista per l’impresa turistica è legata alla circostanza che essa venga svolta in forma imprenditoriale, e che quindi si tratti di attività esercitata professionalmente, ossia che abbia carattere di continuità e stabilità o, se anche assuma carattere stagionale, essa sia svolta periodicamente in modo abituale. Inoltre è richiesto che si tratti di un’attività svolta in modo organizzato, quindi con l’impiego di mezzi strumentali all’esercizio della stessa, escludendo dunque tutte quelle attività che prescindano da tale forma di organizzazione, come le case o appartamenti per vacanze e affittacamere. Infine, altro requisito richiesto è che si tratti di attività economica finalizzata alla produzione di ricchezza e rivolta al mercato.
Per definizione sono indicate come strutture ricettive quegli edifici e spazi destinati al pernottamento e al soggiorno temporaneo dei turisti. In Italia, la classificazione di tali strutture avviene sulla base delle impostazioni di fondo individuate dall’art.6 della legge 217/1983(nonostante le specifiche leggi regionali vigenti), che le suddivide in 3 macro categorie:
- Esercizi alberghieri
- Esercizi para-alberghieri
- Strutture ricettive extra-alberghiere
Nella prima tipologia, rientrano le strutture ricettive tradizionalmente più note e conosciute, gli alberghi appunto.
Essi sono caratterizzati dalla fornitura di servizi generalmente indicabili come “servizi di ospitalità” (alloggio ed eventualmente vitto e altri servizi accessori), rivolti ad una generalità di soggetti e, ovviamente, dietro corrispettivo.
Nella seconda tipologia rientrano invece determinate tipologie di albergo, caratterizzate da peculiarità strutturali o dal fatto di fornire servizi accessori particolari, ad esempio rispetto al target di clientela cui si rivolgono.
In essa rientrano i motel, i villaggi-albergo e le residenze turistico-alberghiere, quest’ultime definite come “esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unitaria, che forniscono alloggio e servizi accessori in unità abitative arredate costituite da uno o più locali, dotate di servizio autonomo di cucina”.
Infine, nella terza tipologia rientrano in primo luogo i campeggi, i villaggi turistici, gli alloggi agrituristici, case e appartamenti per vacanze, casa per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini ecc.
Negli ultimi anni è entrata a far parte di quest’ultima categoria anche la particolare tipologia di ricettività extra-alberghiera argomentata e studiata in questa trattazione, ossia il bed&breakfast, comunemente conosciuto sotto la sigla “B&B”.
Si tratta di una piccola struttura ricettiva caratterizzata dalla peculiarità dei servizi offerti, consistenti nella fornitura di solo alloggio e colazione e dalla natura non imprenditoriale dell’attività. Essa infatti ha come elemento distintivo la conduzione e l’organizzazione di tipo familiare, nonché il fatto che l’attività ricettiva sia svolta all’interno dell’abitazione o residenza del gestore, utilizzando un numero limitato di camere e di posti letto.
Aspetto importante della materia riguardante le strutture ricettive è sicuramente la disciplina riguardante la loro classificazione.
Come già detto in precedenze, ciò che rileva in quest’ambito è infatti la fissazione di criteri uniformi di classificazione che siano validi a livello nazionale, a garanzia di tutela sia dei turisti-consumatori, sia degli stessi operatori del settore.
Una classificazione infatti, basata su criteri e principi omogenei permette al consumatore di conoscere preventivamente le caratteristiche strutturali ed organizzative della struttura ricettiva, potendo così scegliere in maniera più consapevole quella che più si addice alle sue esigenze.
Allo stesso tempo tutto ciò favorisce anche gli operatori del settore rispetto allo sleale comportamento di concorrenti che cerchino di fuorviare la clientela con informazioni ingannevoli, assicurando qualità e tipologie di servizio che poi nella realtà non sono in grado di fornire.
Effettivamente le Regioni, avendo preso coscienza dell’importanza di tale uniformità nei criteri di classificazione, nel disciplinare la materia, hanno continuato ad attenersi ai criteri generali di classificazione esposti dalla 217/1983, ossia:
- Le dimensioni della struttura
- I requisiti strutturali dei servizi offerti
- La qualificazione degli addetti
Partendo da tali parametri, ciascuna Regione stabilisce nel dettaglio gli specifici requisiti di ciascuna struttura ricettiva, per l’attribuzione successiva di un certo numero di “stelle”, in ordine crescente.
In particolare, queste ultime possono variare da 1 a 5 stelle per gli alberghi, da 2 a 4 stelle per le residenze turistico-alberghiere e i villaggi turistici e così via. C’è comunque una certa lacunosità e scarsa organicità nella disciplina individuata dalla 217/1983, che non si sofferma a precisare se gli stessi parametri individuati ad esempio per gli alberghi, debbano valere anche per le restanti strutture alberghiere come motel e villaggi albergo; tuttavia, le leggi regionali, in virtù dell’ampia autonomia loro concessa, hanno legiferato molto a tal proposito, cercando di colmare tale lacunosità e prevedendo una notevole varietà di soluzioni.
L’ottenimento e il mantenimento della classificazione costituiscono elemento essenziale e condizione imprescindibile per ottenere l’autorizzazione amministrativa e quindi esercitare concretamente l’attività ricettiva.
La 135/2001 all’art.9 prevede un’autorizzazione unica, rilasciata dal Sindaco, per l’apertura degli esercizi ricettivi, che accorpi in sé anche la licenza di pubblica sicurezza e tutti gli altri provvedimenti autorizzatori necessari allo svolgimento delle attività e prestazioni dei servizi connessi.
Vi sono infatti alcune disposizioni del t.u.l.p.s. (testo unico legge di pubblica sicurezza), che individuano determinati presupposti soggettivi, cui è subordinato l’esercizio dell’attività di gestione di strutture ricettive; presupposti che sono attinenti alla verifica del fatto che gli esercenti l’attività ricettiva siano dotati di requisiti di moralità e non collegati ad attività criminali.
Lo svolgimento dell’attività ricettiva coinvolge certamente una molteplicità di interessi pubblici, per cui ciò implica che essa sia soggetta a controlli amministrativi che vadano ad imporre precisi obblighi nei confronti del titolare e del gestore. Tra questi rientra senza dubbio l’obbligo di provvedere alla registrazione e comunicazione all’autorità di p.s. delle generalità delle persone alloggiate e dei relativi arrivi e partenze.
La legge 135/2001 all’art.9 comunque oggi prevede l’assoggettamento da parte del titolare a previa autorizzazione unica rilasciata dal sindaco, secondo cui tutti gli elementi necessari all’ottenimento della licenza vengono trasferiti in un’unica soluzione, per affermare i più generali principi di “speditezza, unicità e semplificazione” dei procedimenti amministrativi relativi al rilascio di licenze, autorizzazioni e nulla osta relative ad attività e professioni turistiche. L’intento del legislatore è certamente stato in primis quello di voler equiparare il settore delle attività turistiche a quello di qualsiasi altro settore produttivo, riconducendo ad unità i procedimenti autorizzatori per le attività e professioni turistiche e, in secondo luogo, di istituire un’apposita ed unica struttura organizzativa cui attribuire la responsabilità di tale procedimento unitario, ossia i Comuni di competenza.
Il progressivo venir meno del controllo pubblico sul settore turistico non poteva non riflettersi sulla disciplina dei prezzi delle strutture ricettive, dove i controlli di tipo amministrativo hanno via via lasciato spazio alle dinamiche concorrenziali finalmente anche in questo particolare settore.
Prima dell’entrata in vigore della 217/1983, vi era uno stretto controllo pubblico sulle tariffe alberghiere che erano assoggettate al regime dei “prezzi amministrati”, dove vigeva dunque una determinazione da parte delle autorità dei prezzi degli alberghi, delle pensioni e delle locande, operata in via amministrativa su base provinciale. In questo caso, agli operatori del settore era riconosciuta solo una funzione consultiva.
Successivamente, con l’entrata in vigore della legge quadro del 1983, tale regime dei prezzi amministrati è stato sostituito da un sistema di co-determinazione delle relative tariffe da parte dell’amministrazione e delle categorie interessate.
Infine, l’emanazione della legge del 25 agosto 1991 n°284 ha segnato l’ultimo stadio dell’evoluzione della disciplina dei prezzi delle strutture ricettive, passando finalmente ad un regime in cui questi sono liberamente determinati dai singoli operatori. In capo ad essi rimaneva solo l’obbligo di comunicare alle Regioni i prezzi minimi e massimi liberamente determinati, ai soli fini però della pubblicità, come indicato da un apposito decreto ministeriale.
Il decreto inoltre, affermò anche i principi dell’inderogabilità di tali prezzi massimi comunicati e individuò delle ipotesi, comunque tassative, in cui gli operatori potevano derogare legittimamente a quelli minimi.