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Microricettività italiana e irlandese a confronto: il caso del Bed and Breakfast

di Elisa Millo
Università degli Studi di Udine
Corso di Laurea in Scienze e Tecniche del Turismo Culturale
Relatore: Prof.ssa Michela C. Mason
Anno accademico: 2014/2015

1.3 - Quadro di riferimento normativo nazionale e B&B

Per comprendere appieno la cornice normativa in cui vanno ad inserirsi in Italia, e più nello specifico nella regione Friuli Venezia Giulia, le strutture definite come “extra- alberghiere” e in particolare i B&B, bisogna fare un passo indietro e partire innanzitutto dalla definizione del concetto di impresa turistica. Questa è da ricercarsi all’interno delle cosiddette “leggi quadro”, ovvero la Legge 217/1983, e la successiva Legge di riforma della materia n. 135/2001, entrata in vigore in seguito all’abrogazione appunto della Legge del 1983. A queste si va ad aggiungere il Decreto Legislativo 79/2011, denominato “Codice della Norma Statale in tema di ordinamento e Mercato del Turismo”, ovvero il Codice del Turismo, che costituisce l’ultima disciplina legislativa in materia di turismo a livello statale, il quale si propone di stimolare e promuovere lo sviluppo turistico e dare maggiore tutela a consumatori ed operatori del settore. La prima Legge 217/1983 (art.5) limitava la nozione di impresa turistica alle sole strutture ricettive; venivano infatti considerate imprese turistiche “quelle che svolgono attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici”, andando così a stabilire una corrispondenza biunivoca tra quella che doveva essere considerata impresa turistica e le strutture ricettive, escludendo qualsiasi altro tipo di attività del settore. Con l’art. 7 della Legge di riforma n. 135/2001 venne ampliata la nozione di impresa turistica, includendovi, oltre alle già citate strutture ricettive, anche tutte quelle imprese la cui attività “concorre alla formazione dell’offerta turistica ovvero è finalizzata a soddisfare i bisogni del turista”. Allo stato attuale infine, per il Codice del Turismo “sono imprese turistiche quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica”; vengono, quindi, considerate imprese turistiche tutte quelle attività che implementano l’offerta turistica, al pari di quelle espressamente elencate, includendo ad esempio strutture quali le imprese di spettacolo ed i parchi divertimento, che godono pertanto delle stesse agevolazioni, benefici e sovvenzioni previsti per tutte le altre imprese turistiche. Ovviamente per la piena comprensione del termine “impresa turistica”, è d’obbligo considerare in primis la più generale nozione di impresa, espressa indirettamente dal Codice Civile, che stabilisce: “E' imprenditore chi esercita professionalmente un' attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art. 2082 C.C.). L’attività economica è svolta a fini di lucro, che implica una coordinazione tra il capitale ed il lavoro svolta dall'imprenditore ed è svolta da questi in maniera professionale, ovvero in modo abituale e non occasionale, anche se non è necessaria la continuità.

Per quanto concerne la classificazione delle imprese turistiche e nello specifico, delle strutture ricettive che, come visto, ne fanno parte a tutti gli effetti, bisogna far riferimento inizialmente all’articolo 8 del Codice del Turismo; nelle antecedenti leggi 217/1983 e 135/2001, veniva proposto inizialmente un elenco delle strutture ricettive, ma non era presente una definizione vera e propria, mentre in seguito ci si limita a definire dei princìpi fondamentali che le strutture ricettive devono seguire per essere tali. Ora, con la Legge 79/2011 è stato riproposta la forma dell’elenco, lasciando però alle Regioni la facoltà di individuare eventuali strutture aggiuntive sul proprio territorio.

Come visto in precedenza, i B&B sono inseriti nell’elenco delle cosiddette strutture ricettive extra-alberghiere e sono descritti come “strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purche´ funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi”. Li si trova però elencati, sotto forma di “B&B in forma imprenditoriale” anche nell’elenco delle strutture alberghiere e paralberghiere: “I B&B in forma imprenditoriale sono strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in modo professionale, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purche´ funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi”. Il Codice del Turismo in questa doppia definizione e classificazione, ha inteso distinguere le attività a conduzione familiare (cui l’ordinamento riconosce un trattamento fiscale agevolato), da quelle organizzate in modo imprenditoriale, riconoscendo nei primi un tipo di attività non soggetto ai medesimi sacrifici aziendali a cui sono soggette strutture ricettive molto più grandi ed articolate. Nella pratica è facile distinguere un attività di B&B tradizionale da una organizzata in modo imprenditoriale: queste ultime infatti, a differenza delle prime, possiedono una partita IVA. La maggior parte dei B&B non sono di fatto considerate imprese turistiche. Gli affittacamere, insieme ai B&B imprenditoriali possono essere considerati la versione professionale dei B&B che, a fini fiscali, operano con il solo ausilio del codice fiscale del titolare dell’attività.

Dopo neanche un anno dall’entrata in vigore ben 19 articoli del Codice del Turismo sono stati dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 80/2012. A sollevare la questione di legittimità costituzionale sono state le regioni le Regioni Toscana, Puglia, Umbria e Veneto: lo Stato ha travalicato la potestà legislativa delle Regioni in materia, stabilita dall’art. 117 della Costituzione. Sono stati coinvolti nella dichiarazione di incostituzionalità anche gli articoli 4, 8 e 9 coinvolgendo, perciò, la definizione stessa di impresa turistica e gli elenchi delle attività ricettive statali. Allo stato attuale, quindi, i B&B, come tutte le altre tipologie di strutture ricettive, devono tenere conto dell’impianto normativo regionale, essendo il Codice del Turismo rimasto mutilato nella maggior parte degli articoli che ne costituivano le basi, ed esercitando le Regioni competenza legislativa “piena” o “esclusiva” in materia di turismo.