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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

1.8 - La residualità

La giurisprudenza costituzionale ritiene che una materia non possa essere qualificata come «residuale» per il solo fatto che non figura negli elenchi dell’art. 117 Cost.

La Corte include una materia nel gruppo delle residuali dopo aver preso in considerazione e scartato ogni ipotesi alternativa, ogni eventuale titolo di competenza statale (es. C. Cost. n. 77/2005).

Interpretando riduttivamente il criterio residuale di classificazione delle materie, questa impostazione concorre a elasticizzare il riparto di competenze legislative.

Stessa cosa con il principio di continuità, dato che la Corte ha ammesso che sulla base di tale principio il legislatore statale ponga la disciplina di dettaglio in materia residuale (C. Cost. n. 222/2005 relativa a un fondo statale «sostanzialmente analogo» al precedente meccanismo di finanziamento).

La giurisprudenza costituzionale ha considerato residuali le seguenti materie: commercio; turismo; servizi pubblici locali; trasporto pubblico locale; organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali; formazione professionale; pesca; artigianato; ordinamento delle comunita` montane; politiche sociali; agricoltura; edilizia residenziale pubblica. Un discorso a parte merita il caso dei lavori pubblici.

Secondo la Corte, «la mancata inclusione dei “lavori pubblici” nella elencazione dell’art. 117 Cost. non implica che essi siano oggetto di potestà legislativa residuale delle Regioni. Al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti.

In questa ipotesi il mutamento del legislatore a seconda dell’oggetto dei lavori pubblici concorre a elasticizzare il riparto, quanto meno nel senso che salta la rigida attribuzione di competenza.

Da qui possiamo dedurre che la giurisprudenza costituzionale non concepisce le materie residuali come un ambito del tutto sottratto all’intervento statale, sia quando l’intervento si fondi su un titolo trasversale e sia quando vi siano le condizioni per la «chiamata in sussidiarietà».

A queste due si aggiunge l’ipotesi che l’incisione della materia residuale sia motivata semplicemente dall’esistenza di esigenze unitarie, e dunque sulla base del principio unitario: la pesca è materia residuale ma «taluni aspetti riconducibili all’attività di pesca non possono che essere disciplinati dallo Stato, atteso il carattere unitario con cui si presentano la conseguente esigenza di una loro regolamentazione uniforme».