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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

1.6 - Il criterio di prevalenza

Per sciogliere gli intrecci tra materie la Corte ricorre a tecniche interpretative quali, in particolare, il principio di leale collaborazione e il criterio di prevalenza, che determinano effetti sul piano della flessibilità del riparto.

In base al «criterio di prevalenza» l’intreccio va sciolto determinando la materia nella quale l’oggetto è prevalentemente compreso e dunque assegnando la competenza al legislatore titolare di quella materia. È così che la vendita dei farmaci da banco in esercizi commerciali, che potrebbe rientrare tanto nella materia residuale commercio quanto in quella concorrente tutela della salute, è prevalentemente ascrivibile alla seconda; le sanzioni per la mancata trasmissione di dati relativa alla spesa farmaceutica rientrano prevalentemente nella materia esclusiva statale del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, anzichè nella materia concorrente tutela della salute.

L’utilizzo del criterio della prevalenza dovrebbe essere il risultato di un duplice ordine di valutazioni: una per verificare l’esistenza dell’intreccio fra le varie materie, l’altra per misurare il legislatore prevalente.

Relativamente alla seconda valutazione, il criterio di prevalenza presuppone una valutazione degli interessi in campo (oltre che dello scopo dell’intervento legislativo): se sussistono esigenze unitarie, la Corte scioglie l’intreccio considerando prevalente il legislatore statale; e per verificare che le finalità della disciplina siano o meno funzionali alla soddisfazione delle esigenze unitarie utilizza di solito il metodo teleologico. Talvolta la giurisprudenza costituzionale opera in due tappe: prima applica il criterio di prevalenza a favore della legge statale e poi ammette la «chiamata in sussidiarietà».

Il filo che unisce le due tappe è la misurazione del livello degli interessi: il legislatore competente viene individuato in base all’interesse che prevale; una volta accertata la prevalenza degli interessi unitari ecco che si giustifica la «chiamata in sussidiarietà». Fondamentale è il caso in cui la Corte osserva che le norme statali in materia concorrente dovrebbero essere annullate perché troppo dettagliate; nondimeno, siccome il livello di governo regionale appare «strutturalmente inadeguato», si giustifica l’intervento statale nella forma della «chiamata in sussidiarietà» che soddisfa le esigenze unitarie (C. Cost. n. 285/2005 relativa ad «un settore di competenza legislativa ripartita, nel quale però esistono forti e sicuri elementi che esigono una gestione unitaria a livello unitario»).

In decisioni come questa l’esistenza degli interessi unitari è oggetto di una valutazione che offre alla giurisprudenza costituzionale margini di apprezzamento discrezionale. In altri casi, la Corte ritiene che non vi siano le condizioni per applicare il criterio di prevalenza, ma applica ugualmente il meccanismo della «chiamata in sussidiarietà» in considerazione delle esigenze unitarie; eppure i presupposti sono i medesimi del criterio di prevalenza che la pronuncia ritiene non applicabile, in entrambe le ipotesi non si prescinde dalla misurazione del livello degli interessi.

Anche se talvolta la prevalenza di un legislatore sull’altro è affermata senza un’adeguata motivazione, in altre circostanze la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che si può far applicazione del criterio a condizione che la prevalenza sia «sicura» e dunque sia «dominante la relativa competenza legislativa »; oppure quando «appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre».

Perciò per accertare che la prevalenza abbia queste caratteristiche, bisogna considerare la «ratio e l’inquadramento sistematico della normativa» oltre che «la connessione funzionale » con norme certamente statali (C. Cost. n. 234/2005,); oppure, la prevalenza deve essere il risultato di un analisi delle finalità della disciplina e dell’evoluzione della stessa e tutto ciò significa che ai fini di questo accertamento tornano utili i metodi (teleologico e sistematico) di individuazione delle materie.