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La valorizzazione degli insediamenti produttivi nella regione siciliana: dai contratti d'area alle singole iniziative imprenditoriali

di Salvatore Molè
Università Cattolica del Sacro Cuore - Sede di Piacenza
Facoltà di Giurisprudenza - Corso di Laurea in Scienze Giuridiche

Relatore: Chiar.mo Prof. Marco Sgroi
Tesi di laurea di: Salvatore Molè

6.3 - Soluzione

La ditta proprietaria si opponeva a tale diniego per i motivi successivamente esposti: il n.1 dell'art. 30 della L:R: n.2 del 2002 prevede, come analizzato in materia di insediamenti produttivi in verde agricolo, una serie di requisiti che erano tutti certamente presenti nel caso in specie: a) atteso che l'iniziativa intrapresa dalla ditta proprietaria aveva carattere privatistico, non essendo ipotizzata alcuna forma di finanziamento pubblico b) ed inoltre riguarda un territorio nel quale non sono presenti altre aree idonee dove potere chiedere la realizzazione di insediamenti produttivi turistici; c) ed essendo altresì presente nel fondo un precedente insediamento produttivo.

Chiaramente discendeva che tutte le condizioni indicate dalla predetta normativa risultavano soddisfatte.
Inoltre pertinente alla fattispecie in esame era anche il punto n.2 dell'articolo richiamato, secondo cui: "nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati con regolare concessione edilizia da abitazione a destinazione ricettivo- alberghiera e di ristorazione" , ovviamente non essendo stata negata la verificata compatibilità ambientale della nuova destinazione si è così ottenuto il cambio di destinazione d'uso.

La questione posta dal comune di Ragusa si è basata unicamente sull'esistenza di uno specifico atto d'obbligo unilaterale sottoscritto dalla ditta proprietaria nella precedente concessione edilizia, attraverso il quale si dichiarava di vincolare alla inedificabilità tutta l'area del fondo asservendola al volume abitativo.
Sul punto, appare evidente che, tale vincolo non poteva certo avere carattere perpetuo, sopratutto alla luce del cambiamento di destinazione previsto in progetto per il medesimo corpo da abitativo a ricettivo - turistico. Appare chiaro che vincoli quali quello descritto vengono costantemente richiesti dagli Enti concedenti ai proprietari di fondi ricadenti in zone di verde agricolo allo scopo di evitare che, attraverso successivi frazionamenti e vendite, tali aree possano essere oggetto di ulteriori volumi.

L'autorizzazione dell'intervento progettuale in oggetto, per se medesima faceva decadere il vincolo specifico assunto attraverso il menzionato atto d'obbligo in conseguenza del venir meno del volume destinato ad uso abitativo, per cui ci si trovava , in virtù dell'art. 30 della L.R.: n.2/02, in assenza di altri vincoli ostativi ed in sintonia con la ratio legis della norma richiamata, mirante alla valorizzazione ed incentivazione della singola iniziativa privata.

Il sopravvento della Legge Regionale, ha quindi reso privo di senso il vincolo convenzionale di inedificabilità, superato come detto dal disposto dell' art. 30 della L.R. Sicilia n.2/2002. Il vincolo pertanto aveva senso soltanto in un certo modello di disciplina del territorio, ma se il modello in questione cambia per effetto di deroghe legislative, il vincolo perde ogni significato di esistere. Infatti è accaduto che: il volume che era possibile edificare ad uso abitativo era determinato in base all'indice dello 0,03 mc/mq (che è il limite convenzionale da poter sfruttare per l'edificazione in zona agricola). Il comune, essendo stata sfruttata in toto la volumetria stabilita ad uso abitativo, a suo tempo vincolò, con l'atto d'obbligo sopracitato, l'intera area all'inedificabilità per uso abitativo con la conseguenza immediata, che sulla stessa particella catastale non sarebbero più stati possibili interventi ad uso abitativo. L'avvento poi dell'art. 30 L.R. 2/02 ha radicalmente mutato il modello di partenza, infatti al suo secondo comma prevede che «previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati con regolare concessione edilizia, da civile abitazione a destinazione ricettivo - alberghiera e di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto delle prescrizioni igienico sanitarie nonché di sicurezza.». È venuta così a crearsi, per la presenza di un preesistente impianto produttivo, la possibilità di aumentare la volumetria esistente ormai a destinazione produttiva, come previsto dal primo comma dell'art. 30. Quindi essendo stato chiesto ed ottenuto il cambio di destinazione d'uso da abitativo a produttivo, il vincolo di inedificabilità supportato dallo specifico atto d'obbligo è venuto automaticamente a cadere, e pertanto l'intervento assume tutti i caratteri della legittimità.

In forza di tali fondate argomentazioni il progetto veniva poi riapprovato, ed oggi , grazie alla riconosciuta applicabilità della norma in parola la dove prima esisteva un terreno assolutamente improduttivo è in fase di completamento una struttura turistico ricettiva e di ristorazione che garantirà un buon numero di posti di lavoro e redditività.
Successivamente tutta una serie di singole iniziative imprenditoriali, in forza del citato "art. 30" hanno poi riguardato insediamenti artigianali, industriali ecc. dando nuovo impulso e valorizzazione a realtà produttive preesistenti, nell'ottica di uno snellimento delle procedure che ha inteso giovare le singole iniziative a beneficio della produttività
Ad oggi, peraltro non appare sia più possibile l'applicazione di tale articolo, in quanto nel Comune di Ragusa si è finalmente giunti all'approvazione del nuovo Piano Regolatore Generale, in forza del quale dovrebbe venire a mancare uno dei requisiti essenziali per l'applicabilità dello stesso: il dato negativo riguardante il fatto che " non siano disponibili aree per... "
Ma sull'argomento esistono due posizioni interpretative.
Resta infatti da chiarire quando la condizione in parola possa considerarsi realizzata.
Una prima interpretazione considera l'inesistenza di aree disponibili sotto il profilo squisitamente urbanistico. Secondo tale pensiero l'indisponibilità deve derivare da un fatto oggettivo legato alla mancata previsione di aree idonee allo scopo nei PRG dei comuni.
Viceversa un secondo pensiero interpreta l' indisponibilità secondo altre due aspetti: un primo aspetto secondo il quale il PRG pur contenendo una previsione di aree con destinazione produttiva, tale previsione resta comunque legata all'effettiva concreta edificabilità dell'area, che resta subordinata all'esecuzione di un piano particolareggiato, o di un piano di lottizzazione da convenzionare all'esistenza delle opere di urbanizzazione, e ciò al fine di un razionale inserimento; l'altro aspetto secondo il quale le aree sono previste in piano, ma sono inadeguate al tipo di intervento.
Ma quale sia in definitiva la corretta interpretazione di quanto analizzato esula comunque dal contenuto della nostra ricerca che rimanda ad altri l'approfondimenti in materia.

Unica riflessione doverosa è che il nostro caso concreto oggetto di analisi è da considerarsi pienamente legittimo, in quanto all'epoca della richiesta del titolo edilizio, ci si riferiva ad un periodo in cui era in vigore il vecchio piano regolatore, il quale risultava totalmente privo di aree destinate allo scopo, sotto qualunque legittima interpretazione.