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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

1.2 - Profili generali della riforma del Titolo V

Con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 viene riformata1 la parte della Costituzione riguardante il sistema delle Autonomie Locali e dei rapporti con lo Stato. La riforma comporta la revisione degli articoli 114-133 della Carta Costituzionale. Attraverso la conferma di alcuni articoli, l’abrogazione di altri e la modifica di altri ancora , viene cambiato in profondità l’ordinamento istituzionale della Repubblica. Sono da mettere in evidenza: la nuova struttura istituzionale, la ripartizione della potestà legislativa e amministrativa, lo schema di finanziamento e i rapporti finanziari tra enti, la possibilità di forme di autonomia differenziata per le Regioni a Statuto Ordinario, l’abrogazione dei controlli preventivi sugli atti delle Regioni.

Quanto all’organizzazione istituzionale, il nuovo testo dell’articolo 114 Cost. (il primo del Titolo V) indica che la Repubblica è costituita da strutture paritetiche, senza distinzione tra livelli gerarchici: Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. L’articolo 114 Cost. prevede, inoltre, il riconoscimento costituzionale della funzione di capitale della Repubblica per la città di Roma

La rilevanza del nuovo orientamento federalista si manifesta, in particolare, nella inversione disposta con il nuovo testo dell’articolo 117 Cost. che pone implicitamente come più rilevante la competenza regionale rispetto a quella statale. Il secondo comma di tale articolo, infatti, definisce l’ambito di materie in cui deve essere esercitata la potestà legislativa esclusiva da parte dello Stato. Il comma successivo indica le materie “concorrenti”, sulle quail l’iniziativa legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla normativa dello Stato. Il comma 4, infine, attribuisce alle Regioni la potestà legislativa residuale, cioè relativamente a ogni materia non espressamente riservata allo Stato. Perciò possiamo affermare che l’articolo 23 Cost., concernente il principio di legalità, sia ora da interpretare nel senso di una riserva di legge sia statale che regionale

Sulla base dell’articolo 120 Cost., inoltre, il Governo può sostituirsi agli organi degli altri livelli, in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria, o a tutela dell’unità giuridica ed economica del paese.

Il concetto di equiparazione tra i livelli, statale e regionale, di potestà legislativa viene ribadito anche dal nuovo testo dell’articolo 127 Cost., in cui si dispone che sia il Governo sia la Regione possono promuovere la questione di legittimità (rispetto alle competenze costituzionalmente loro assegnate) dinanzi alla Corte Costituzionale. Nel vecchio testo ciò era consentito unicamente al Governo, tramite la figura del Commissario governativo.

La nuova formulazione dell’articolo 119 Cost., infine, rappresenta l’aspetto più rilevante dal punto di vista degli effetti economico e finanziario del nuovo assetto costituzionale.

Il testo riformato di tale articolo, al comma 1, sottolinea una estensione del riconoscimento dell’autonomia finanziaria dall’ambito regionale a quello di Comuni, Province e Città metropolitane.

Al comma 2, nel testo riformato dalla nuova Costituzione, l’attenzione è posta sul possesso da parte degli entidi risorse autonome che non sono più dunque “attribuite” da un livello superiore di governo, come indicato precedentemente ed inoltre viene esplicitamente enunciato il potere di stabilire e applicare tributi ed entrate propri in armonia con la Costituzione.

Sembra, quindi, superata la ristrettezza di autonomia tributaria che tradizionalmente ha caratterizzato le Regioni. Queste ultime, infatti, senza la necessità di una legge statale possono stabilire i loro tribute ed applicarli.

Tra le fonti di finanziamento a disposizione delle Regioni e degli Enti Locali, il nuovo testo dell’articolo 119 Cost. annovera le “compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”, in luogo delle “quote di tributi erariali” che,secondo la versione ormai superata dell’articolo, erano riservate unicamente alle Regioni. L’elemento rilevante che emerge dal confronto è il riferimento alla realtà territoriale (regionale o locale) specificato nel nuovo testo. Tuttavia la definizione un po’ vaga della Costituzione lascia alla legge ordinaria la determinazione dei criteri di individuazione specifica del gettito territoriale: se prodotto, riscosso sul territorio o incidente sui suoi residenti.

Il terzo comma dell’articolo 119 Cost. stabilisce che, con legge dello Stato, sia istituito “un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”.

Nel quarto comma dell’articolo 119 Cost. si afferma che le risorse derivanti dalle fonti di finanziamento individuate (tributi ed entrate proprie, compartecipazioni e trasferimenti dal fondo perequativo) consentono agli enti territoriali “di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”. Le disponibilità complessive per le Regioni devono, cioè, essere uguali all’entità delle spese dello Stato relativamente alle funzioni da trasferire.

Il quinto comma dell’articolo 119 Cost. prevede la possibilità che lo Stato dia risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali, con finalizzazione di tipo solidaristico economico, sociale, riguardanti l’esercizio dei diritti della persona.

L’ultimo comma dell’articolo 119 Cost. sembrerebbe introdurre all’interno del dettato costituzionale il principio del rispetto del pareggio di bilancio corrente stabilendo che gli enti decentrati possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento

L’ultima osservazione, infine, riguarda l’articolo 116 Cost., il cui comma 3, definisce la possibilità di forme di autonomia differenziata tra le Regioni a Statuto Ordinario, che potrebbero in ciò, quindi, diversificarsi al loro interno. Questo avverrebbe su iniziativa delle Regioni interessate, tramite legge statale approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.