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Pasqua - Taranto dei Misteri

A fronte di un grande patrimonio storico e culturale, Taranto fatica a scrollarsi di dosso l’immagine di tetro centro industriale: proviamo a riscoprirla durante le prossime celebrazioni pasquali.

La folla s’accalca, stringe, avvampa nel caldo insufflato di respiri e sudore. Corpi su corpi, vesti contro vesti: un caos ieratico accompagna il lento incedere di figure enigmatiche, incappucciate e a piedi scalzi, che dondolanti calpestano sequenze di lastroni, porfido e asfalto d’un percorso tra le vie del centro di Taranto, in un retaggio cattolico e ispanico innervato di misticismo.

Taranto da (ri)scoprire

La Settimana Santa è un’occasione stupenda per visitare la “città dei due mari”: il centro, il caratteristico Borgo Vecchio, e la parte nuova, a sudest, si animano di ritualità risalenti alla dominazione spagnola. È Carlo V, nel XVI secolo, a introdurvi un calco dei Misteri Sivigliani, benché il padre storico dell’usanza sia considerato don Diego Calò, ricco patrizio che intorno al 1765 ripristina l’attività della Confraternita del Carmine. Ancora oggi i suoi membri organizzano la processione dei Perdoni (Perdùne, in dialetto tarantino), il Giovedì Santo, e quella dei Misteri, tra Venerdì e Sabato Santo. La Passione di Cristo dà origine a una terza processione, quella dell’Addolorata, allestita dall’omonima confraternita, che si svolge dalla notte tra Giovedì e Venerdì Santo sino alla messa pomeridiana in cui si celebra la morte di Gesù.

I luoghi: dalla chiesa del Carmine a San Cataldo

Le principali chiese cittadine sono le stazioni di questo vero dramma collettivo, che unisce religione, antropologia, ritualità e costume: da quella del Carmine (nella città nuova), d’origine cinquecentesca ma oggetto di rimaneggiamenti in stile neoclassico, alla stupenda San Domenico in Soriano (detta anche Maggiore), struttura trecentesca edificata nel cuore delBorgo, su un preesistente complesso ove giacevano un tempio greco e un monastero d’epoca bizantina. Per chi arriva a Taranto dai Tamburi (le Tammure, quartiere nordoccidentale in cui si trova la stazione ferroviaria), San Domenico rappresenta la prima vista significativa del centro, dopo vari chilometri di strutture industriali.

La Città Vecchia, nucleo originario dell’ellenica Taras, compare come una sorpresa, con le sue viuzze strette e scure, una ristrutturazione ancora lontana da completarsi, l’odore violento del mare e dei pescherecci: San Domenico è lì, occhieggia dall’alto, poco distante dalla suggestiva piazza Fontana con la settecentesca Torre dell’Orologio e, dall’altro lato, l’antica pescheria di Ciccio ‘o gnure (Ciccio il nero).

Le tre processioni, che formano quasi un unicum in continuità dal pomeriggio del Giovedì alla mattina del Sabato Santo, toccano sempre la cattedrale di San Cataldo, nella Città Vecchia: si tratta di un bel complesso medievale, dotato di preziosi arredi sacri, lacerti d’un mosaico pavimentale risalente al 1160, alcune cappelle importanti e una bellissima cripta cruciforme testimone d’una precedente costruzione bizantina.

Le processioni e i costumi

Protagonisti delle celebrazioni sono i costumi indossati e i Misteri veri e propri, le statue in cartapesta del Venerdì Santo. I confratelli che sfilano rigorosamente a piedi nudi vestono lunghi cappucci a coprire il viso, vari oggetti religiosi ai polsi (medaglie sacre e rosari), cinture penitenziali e due grandi scapolari con ricamate le scritte Decor e Carmeli. A seconda della processione, i partecipanti recano immagini sacre, statue votive, crocifissi e, ai lati, lunghe mazze di circa due metri, a simboleggiare il caratteristico bastone dei pellegrini.

Statue e croci sono oggetti di culto assai ambiti nelle aste interne alle confraternite celebrate la Domenica delle Palme per sancirne l’assegnazione.

Tra questi, da citare la troccola, che apre la processione dell’Addolorata, e le pesàre, che rappresentano la pietre scagliate nella lapidazione di Cristo. Il passo dei cortei è lento, accompagnato da solenni marce funebri e caratterizzato dall’andamento dondolante detto nazzeccata (nazzeccàre significa “cullare”). Di grande suggestione il momento in cui, giunti sabato mattina al termine delle tre (quasi) ininterrotte processioni, il troccolante bussa al portone della chiesa del Carmine chiedendo di poter entrare. La Pasqua è vicina, la penitenza al termine.

La Settimana Santa tarantina è un’occasione unica per assistere a una celebrazione vera, in cui chi partecipa non simula una ritualità perduta nel tempo poi ricostruita artificiosamente, ma sente sé e gli altri come parte vivente di una comunità più ampia, quella di una città che i flussi turistici devono ancora scoprire nella sua incredibile bellezza.

Da vedere - Museo Archeologico Nazionale

Tra i principali siti archeologici dell’intero Mediterraneo, Taranto conserva tracce non solo elleniche e romane, ma risalenti a epoche precedenti in cui la zona era abitata da popolazioni messapiche.

Il M.Ar.Ta., recentemente ristrutturato, vanta oltre 220.000 reperti: strumenti musicali antichi, maschere teatrali, esemplari dell’antica tradizione orafa cittadina e una vasta collezione di vasi
sono tra gli oggetti d’inestimabile valore che la raccolta offre.

WEB: www.museotaranto.it

Nei dintorni - Grottaglie, città della ceramica

A circa 20 chilometri da Taranto, segnaliamo Grottaglie, nelle Murge Tarantine, lungo il pendio del monte Pizzuto: questo centro antico, d’origine greca, è famoso per la lavorazione delle ceramiche, attività ininterrotta nella storia e adesso concentrata nell’omonimo quartiere sede di abilissimi artigiani. WEB: www.ceramistidigrottaglie.it

Prodotti tipici - Le cozze tarentine

Taranto è terra d’olio (sede della Dop “Terre Tarentine”), ma sarebbe imperdonabile trascurarne le cozze: più piccole rispetto agli analoghi mitili adriatici o spagnoli, rappresentano una prelibatezza e una significativa risorsa economica cittadina, grazie agli allevamenti concentrati nel Mar Piccolo. Nella pasta, arraganate, al gratin oppure nel classico “riso patate e cozze”: non vi deluderanno.

Dove mangiare - Pizzeria Cite Muert da Tonino

Per chi ama veracità e voracità. Locale ampio, non “bello”, caratteristico: cite muert, del resto, è una forma dialettale chiara… Su questi lunghi tavoli si trovano anche sapori dimenticati, come gli Spuenzele (sorta di tartufi marini), dall’intenso aroma ferroso, con cui vengono conditi gustosissimi spaghetti.
Viale del Tramonto, 99 - 74020 San Vito (TA) - Tel: 099/7331519
Prezzi: da 15 € (vini esclusi)

CREDITI

Articolo di Igor Vazzaz tratto da: IL TURISMO CULTURALE

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