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Feste di Pasqua in Italia - U Signuri di li Fasci a Pietraperzia


Uno dei momenti più suggestivi che la religiosità e la tradizione siciliana offrono ai propri visitatori è la Festa del “Signuri di li fasci” a Pietraperzia in provincia di Enna.

Il Venerdì Santo nella cittadina si tiene una processione che non ha eguali. Il Rito risale al 1300 e deve la sua nascita e la continuità lungo i secoli alla confraternita di Santa Maria Santissima del Soccorso che si occupa anche di organizzare le manifestazioni per la Settimana Santa. La Confraternita custodisce all’interno della Chiesa del Carmine i costumi risalenti al Trecento: camici bianchi con un cordone in vita ornato di pendenti bianchi e azzurri, guanti bianchi, cappuccio e mantella azzurra bordata d’oro. Il costume tradizionale viene ripreso negli attuali abiti dei fedeli che partecipano all’evento. L’attesa comincia a montare il Giovedì Santo quando, lungo le strade, si sentono i cori e i lamenti dei fedeli in preghiera che cantano la Passione di Cristo.

L’indomani, il Venerdì Santo, alle tre del pomeriggio, dopo che per l’intera mattinata una processione ininterrotta di fedeli si è recata nella Chiesa del Carmine, viene deposto il Cristo Crocifisso dalla Cappella che lo ospita nel corso dell’anno. Nel frattempo in piazza viene montato il fercolo, una palo di cipresso lungo otto metri terminante a croce con un basamento in legno di rovere sul quale sono agganciate due assi lunghe dieci metri che serviranno al trasporto. Intorno alla croce viene collocato un cerchio metallico. Poco dopo i fedeli si avvicinano alla croce e iniziano ad annodare al cerchio 300 fasce di lino bianche larghe 40 centimetri e lunghe 33 metri. Per poter annodare la propria fascia ogni fedele deve presentare ai confrati un bigliettino di iscrizione che serve per registrare il numero delle fasce che serviranno a mantenere in equilibrio la trave lungo tutto il percorso della processione.

Durante il rito di preparazione della fasce all’interno della Chiesa del Carmine si svolge un altro rito tradizionale di cui non si conosce l’origine. Uno dei membri della confraternita di Santa Maria del Soccorso trascorre tutto il pomeriggio a stendere sul corpo del Crocifisso dei nastrini rossi chiamati “misureddi” che, dopo essere stati benedetti, verranno legati dai fedeli all’avambraccio o alla caviglia. Simbolicamente il gesto rappresenta il prendere in carico le sofferenze di Cristo Crocifisso.

Alle otto e mezza del Venerdì sera dopo un rituale chiamato passamano nel quale il corpo del cristo crocifisso “passa di mano” di fedele in fedele all’interno della chiesa, quest’ultimo viene agganciato alla croce. Uno dei confrati mima la scena dei chiodi, enfatizzando i gesti e ricostruendo il momento nel quale Cristo venne bloccato sulla croce. Ai piedi del Cristo viene posto un globo a vetri colorati, simbolo del mondo e delle sue diversità dominato dalla presenza salvifica di Cristo. All’interno del globo si trovano delle lampade che ne fanno risaltare i colori. Infine la lunga asta sormontata dal Crocifisso viene issata grazie alla forza di 500 uomini che manovrano le oltre trecento fasce. La processione si avvia con in testa il fercolo seguita dall’urna del Cristo morto. Chiude la processione la Madonna Addolorata portata da gruppi femminili.

Le strade e i balconi della città sono gremiti di gente, cittadini e visitatori, che assistono ad un rito tanto antico e suggestivo. Il tempo della processione è scandito dalla musica di tre bande cittadine e dalle nenie cantate dai fedeli che danno sfogo al dolore per la morte di Cristo. Le centinaia di fasce illuminate dalla luce delle torce e da lampade poste sul fercolo assomigliano a una montagna innevata sulla sommità della quale risplende il corpo di Cristo. Portare una simile impalcatura non è semplice. Ci sono parecchi momenti durante il tragitto nei quali il fercolo sembra perdere equilibrio e precipitare rovinosamente. Grazie all’abilità dei portatori questo non avviene. I momenti di "suspence" rendono ancora più suggestiva la processione, la cui durata complessiva è di circa quattro ore con parecchie fermate e ripartenze comandate da un confrate, il quale battendo con un martello di gomma tre colpi sul tavolato della "vara", indica la partenza, battendone due da il segnale del riposo. La processione estenuante, ma ricca di emozioni, termina verso le ore due di notte.

Una visita al paese di Pietrapezia è non solo l’occasione per assistere a una delle feste più spettacolari dell’isola ma anche per scoprire la città il cui nome significa “pietra forata” per il gran numero di tombe e di grotte presenti nel territorio circostante. Da non perdere il chiostro della Chiesa Madre, il Palazzo del Governatore con i blocchi di pietra squadrata e le immagini fantastiche scolpite nelle mensole dei balcone.

Dal Belvedere si gode un panorama spettacolare che permette allo sguardo spaziare fino a Caltanissetta.
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