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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

3.6 - La legge-quadro n. 217 del 1983 (abrogata)

La legge quadro, o legge cornice, dello Stato è una legge contenente i principi fondamentali che devono regolare una singola materia ai quali i soggetti, cui è conferito il potere di regolare nel dettaglio quella stessa materia, devono attenersi.

La legge-quadro del 17 marzo del 1983, n. 217 definiva i principi fondamentali in materia di turismo e industria alberghiera.

Tali principi erano finalizzati a garantire l'equilibrato sviluppo delle attività turistiche e di quelle a essa connesse, con l'intenzione quindi di promuovere il turismo locale. Risultava essere una legge che riformava in modo sostanziale la materia turistica e ricettiva, definendo nuove tipologie di strutture e divenendo, di fatto, l'ossatura portante di tutta la materia futura.

La succitata legge introduceva i primi connotati normativi dell'impresa turistica in generale, limitandosi a definirla come «attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici».

L'art. 6 della legge-quadro ridefiniva ed elencava le strutture ricettive e ne introduceva di nuove, oltrepassando l'ormai superata e limitata distinzione delle imprese ricettive in «alberghi, pensioni e locande» della vecchia Legge n. 382 del 1939. Vennero definite come «strutture ricettive gli alberghi, i motels, i villaggi-albergo, le residenze turistico-alberghiere, i campeggi, i villaggi turistici, gli alloggi agroturistici, gli esercizi di affittacamere, le case e gli appartamenti per vacanze, le case per ferie, gli ostelli per la gioventù, i rifugi alpini»

Come si pùo notare dalla definizione, i bed and breakfast non avevano una regolamentazione specifica e, dunque, c'era un vuoto normativo.

L'ultimo comma di tale legge prevedeva però tipologie ulteriori di ricettività, concedendo infatti alle singole Regioni la possibilità di individuare e disciplinare anche altre strutture ricettive o turistiche, come, ad esempio, rifugi escursionistici, alberghi con centri benessere, residenze d'epoca, residenze di campagna e finalmente anche i bed and breakfast.

Questo nuovo tipo di struttura ricettiva, come già detto in precedenza, era già esistente all'estero, caratterizzata, da un lato, dalla natura non imprenditoriale dell'attività, dall'altro, dalla particolarità del servizio offerto, ovvero la fornitura del solo alloggio e prima colazione.

I bed and breakfast si caratterizzavano, in seguito alle leggi regionali che li avevano previsti e regolati, per la conduzione e l'organizzazione familiare, nonchè per la necessità di svolgere l'attività ricettiva all'interno dell'abitazione e/o della residenza del gestore e utilizzando un numero limitato di camere a seconda delle varie discipline regionali, talvolta anche per un numero preciso di posti letto.

Quasi tutte le leggi regionali in questione prevedevano come caratteristica necessaria per l'attività di bed and breakfast anche il suo carattere saltuario o stagionale.

Non era così per la Regione Toscana che non dava disposizioni specifiche in merito all'attività dei bed and breakfast, ma riprendendo la definizione di affittacamere aggiungeva: «Gli affittacamere che, oltre all'alloggio, somministrano la prima colazione possono assumere la denominazione di bed and breakfast».

Un esempio ben diverso lo dava la legge dell'Emilia Romagna, nella quale le disposizioni in merito erano ben più precise e definivano quanto segue:

  • l'attività doveva essere svolta preferibilmente in costruzioni unifamiliari con ingresso autonomo;
  • i locali dovevano avere i requisiti igienico-sanitari stabiliti dai regolamenti comunali edilizi e dal regolamento di igiene;
  • dovevano essere messe a disposizione degli ospiti 4 stanze per un totale di 10 posti letto;
  • era imposto l'obbligo di residenza per gli esercenti;
  • il periodo di soggiorno massimo era di 30 giorni consecutivi;
  • l'attività poteva essere svolta solo dopo denucia e approvazione da parte del Comune.

La legge emiliana del 1983 non conteneva particolari disposizioni relative alla prima colazione, cosa che invece prevedeva quella delle Marche (legge 8/2000), la quale disponeva che la somministrazione della prima colazione doveva utilizzare almeno il 70% dei prodotti tipici della zona acquistati da cooperative agricole della regione e, a differenza dell'Emilia Romagna, disponeva l'obbligo per gli esercenti di residenza nel Comune a non più di 50 mt. e non di residenza nella stessa abitazione. Il numero di stanze previste era al massimo di 3 per un totale di 6 posti letto.

La legge regionale della Sardegna del 1998 invece, si limitava a indicare il numero massimo di 3 stanze, con 6 posti letto totali, e disponeva per la prima colazione la somministrazione di cibi e bevande confezionati.

Ogni Regione quindi, aveva la possibilità di disciplinare con proprie leggi l'attività dei bed and breakfast siti nel proprio .

Altre realtà regionali invece, scelsero di non normare in maniera specifica il settore, cosa dovuta probabilmente al tentativo di non eliminare in modo radicale alcune forme ricettive consolidatesi nel corso del tempo e divenute perfettamente coerenti e funzionali al sistema turistico-ricettivo complessivo dell'area. é questo il caso dell'Alto Adige, dove il bed and breakfast non si configurava in maniera autonoma ma rientrava nella più ampia tipologia ricettiva di "affittacamere".

L'avvio di un processo di regolamentazione del settore poneva evidentemente problemi di trasparenza e di organizzazione differenti rispetto a prima, (quando non esisteva questo tipo di alloggio) oltre a e eliminare una nicchia di flessibilità preziosa per le strutture alberghiere.

Uno dei principali elementi di criticità connesso all'attività del bed and breakfast era quello relativo alla somministrazione della prima colazione. Alcune Regioni avevano scelto di inserire una clausola esplicita che negava la possibilità di somministrare cibi e bevande non confezionate, ma ciò costituiva senza dubbio un forte limite.

Dato il significato motivazionale del turismo in bed and breakfast, negare la possibilità di somministrare una prima colazione con prodotti tipici e artigianali locali equivaleva a snaturare quel rapporto di intimità del turista con la cultura del luogo che caratterizzava la domanda ricettiva in bed and breakfast.

È pur vero che alcune Regioni presentavano una realtà artigianale e industriale nel comparto agroalimentare tale da consentire di reperire sul mercato prodotti confezionati e tuttava tipici, di qualità elevata e realizzati in loco. In tali contesti una norma restrittiva poteva essere perfino d'aiuto allo sviluppo del comparto, oltre a garantire un più elevato livello qualitativo dell'offerta.

Ciò tuttavia non avveniva in tutte le realtà, specialmente in alcune aree del Mezzogiorno, dove l'attività del bed and breakfast veniva svolta in assenza di una produzione locale "confezionata" di prodotti tipici, per cui un'interpretazione restrittiva della norma poteva costringere i gestori a somministrare al turista prodotti standardizzati e generici acquistati in un supermercato a scapito quindi della qualità.

Ciò indicava la necessità che la norma fosse certamente più cauta nel menzionare in maniera esplicita leggi relative alla somministrazione di cibi e bevande e suggeriva piuttosto che tali clausole fossero invece oggetto di un'apposita normativa separata, disposta dalla CEE solamente nel 1997.

La mancanza di una normativa unificante a livello nazionale non costituiva un ostacolo decisivo allo sviluppo ottimale del bed and breakfast che, con differenze minime fra una Regione e l'altra, si stava ormai concretamente affermando in tutto il Paese.