Calvino nella Città Invisibili scrive: “Una città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle aste delle bandiere, in ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli svirgole”. E ancora di più un mercato, un luogo dove ripercorrere le rotte della storia economica e antropologica dell’isola, un luogo dove immergersi nella vitalità degli empori mediterranei facendosi catturare dai colori, dai profumi, dai sapori e dai rumori. I mercati sono uno dei luoghi della palermitanità più vera e autentica. Sono mercati storici quelli della Vucciria ( mercato protagonista di uno delle più note opere di Renato Guttuso (1974, Università di Palermo, Palazzo Steri), del Capo, di Ballarò.
La Vucciria, nome che deriva dal francese boucherie ( che vuol dire macelleria), è uno dei mercati più famosi al mondo. Una specie di souk arabo dove si viene accompagnati dal grido del venditore che esalta le proprie merci, con una nenia che ricorda molto da vicino quella che si ode nei mercati delle città mediorientali, traccia udibile del passato remoto della città.
Vi si trova di tutto: il polpo bollito, le interiora di pecora, le biciclette, i cerchioni della auto, i colori della frutta e della verdura di stagione, i legumi secchi accatastati o riposti all’interno di sacchi di iuta. E poi vicoli e vicoletti ingarbugliati dove è facile perdersi come nelle medine di Tunisi o di Algeri. Ma sono i pescivendoli i protagonisti del mercato di una città marinara. Sono uno spettacolo! Innaffiano costantemente il pescato per dare alla loro mercanzia l’aspetto ancora più fresco e vivo, quando mostrano un pesce al cliente che vuole acquistare , con abili colpi di mano, lo fanno tremare in modo da dare l’impressione che si stia ancora agitando. Si trova ogni tipo di pesce: il pescespada, il novellame (nunnata minuscoli granchietto o bianchetti). Alla Vucciria si va a comprare il pesce anche se si abita nella parte opposta della città o per mangiare ciò che i ristoranti si rifiuterebbero di servirvi privandovi di un grande piacere ( per voi e per il vostro fegato!): interiora di pecora e di maiale arrostite o bollite, pane con la milza (a meusa) e frattaglie di vario tipo. Al di là dei due antichi fiumi Kemonia e Papireto, in un’area interessata fin dall’epoca araba da una espansione extra moenia, si svilupparono dei mercati in quei luoghi occupati attualmente dall’area di due quartieri: l’Albergheria e il Capo. Oltre il Papireto si trovava il quartiere degli Schiavoni (dal nome delle truppe mercenarie dalmate assoldate per il commercio degli schiavi) successivamente chiamato Seralcadio, cioè Sarì- el-Kadì. Capo, da Capo Seralcadio, fu denominata la parte superiore di questa zona che da allora si è specializzata nella diffusione di prodotti autoctoni provenienti dall’hinterland cittadino.
Oltre il Kemonia c’è il quartiere dell’Albergheria, quartiere normanno, chiamato così perché vennero lì trasferiti da Federico II gli abitanti ribelli di Centorbe e Capizzi e potrebbe significare “terra a mezzogiorno” da Albahar.
Cuore pulsante dell’albergheria è il mercato di Ballarò, dal nome di un villaggio presso Monreale da dove provenivano i mercanti che lo frequentavano. E’ il più “esotico “ dei mercati, un tempo vi si vendevano le spezie provenienti dal Deccan. Le strade di questo mercato, secondo un uso arabo, è letteralmente invasa da cassette di legno con la merce che viene “abbanniata” in continuazione dai “principali” (i proprietari della bancarella, o “Capi”). Anche in questo mercato il pesce costituisce la maggiore attrazione. Guardate le sarde, come luccicano…un pesce povero, umile, ma che sta alla base di un piatto tipico palermitano: la pasta con le sarde alla palermitana. Dicono che la pasta con le sarde fu inventata dagli arabi che quando arrivarono in Sicilia nel nono secolo avrebbero raccolto il finocchietto selvatico sulle colline e lo avrebbero unito alle sarde pescate durante il loro sbarco a Mazara. Tra gli altri mercati di Palermo, ricordiamo anche il mercato dei Lattarini, in Piazza Sant’Anna. Come in tutti i mercati del capoluogo anche qui sono onnipresenti le spezie (alloro, basilico,origano, peperoncino), ingrebìdienti basilari della cucina siciliana. A proposito del nome di questo mercato, a Gerusalemme esiste una via Souk el Atarin che vuol dire “Via delle Spezie”, il toponimo Lattarini proviene, molto presumibilmente, da una omonima via palermitana.