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La tutela del turismo nella giurisprudenza costituzionale

di Fabio Frisenda
Università degli Studi “Roma Tre”
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto Costituzionale
Relatore: Chiar.mo Prof. Alfonso Celotto
Anno Accademico 2015 - 2016

2.1 - Premessa

Il turismo è inteso generalmente come un fenomeno socio-economico legato, fondamentalmente, allo svago, al benessere psico-fisico ed all’arricchimento culturale dell’individuo60, ma, per certi versi, potenzialmente rivolto anche a fini sociali, nella prospettiva giuspubblicistica assume un suo specifico rilievo, in particolare, come comparto nel quale emergono taluni interessi (pubblici e privati) di ordine economico, culturale e sociale, i quali diventano o possono diventare oggetto dell’intervento dei pubblici poteri affinché siano, da un lato, disciplinate la natura giuridica e la tutela di siffatti interessi, e, dall’altro, controllate, sostenute e coordinate le molteplici attività e finalità in cui quegli stessi interessi trovano concreta manifestazione e soddisfazione.

Si tratta, come noto, di attività e finalità connesse all’offerta di beni e servizi (da parte di professionisti ed imprese impegnate nel c.d. “turismo passivo”) ed alla fruizione di viaggi, soggiorni e servizi di varia natura destinati, a vario titolo, a fini “turistici” (il c.d. “turismo attivo”), le quali poggiano non solo su scelte operate autonomamente dai singoli, ma anche su istanze ed interessi condivisi dall’intera collettività e positivizzati, innanzitutto a livello costituzionale, ora (per così dire, “indirettamente”) sotto forma di diritti della persona da tutelare ed attuare, ora (più o meno direttamente) come obiettivi determinati da perseguire e che l’ordinamento fa propri, sotto vari profili, in connessione con la stessa forma di Stato.

Le attività turistiche, infatti, in forza della loro intrinseca natura e della evoluzione continua che hanno registrato nel corso degli anni, tanto in termini di diffusione e di incremento, quanto in termini di arricchimento delle modalità in cui possono essere svolte, nonché delle finalità a cui possono essere associate, si collegano strettamente a specifici diritti, costituzionalmente previsti, che impegnano lo Stato ad attivarsi e ad approntare adeguati strumenti di disciplina, di tutela e di sostegno sia per consentirne l’ordinato e coerente svolgimento, sia per attuare, attraverso di esse, principi e valori di più ampia portata posti a fondamento dell’ordinamento stesso.

Basti pensare al fatto che il turismo, essendo rivolto, fondamentalmente, allo sviluppo della persona oltre che allo scambio di beni e servizi, interseca non solo l’intera trama delle libertà economiche sulla base del suo intrinseco e sempre crescente rilievo economico, ma anche diversi diritti costituzionali, quali quelli inerenti, soprattutto, le ferie (art. 36 Cost.)62, la salute (art. 32 Cost.) e quelli derivanti, ovviamente, dalla libertà di circolazione sul territorio nazionale e di espatrio (di cui all’art. 16 Cost.), da un lato, e principi fondamentali, quali quelli relativi alla promozione degli obiettivi di integrazione sociale e di sviluppo culturale della collettività, dall’altro.

Ciò non toglie, anzi spiega, come sia o possa essere estremamente difficoltosa e problematica la individuazione e la delimitazione oggettiva del turismo e degli interessi ad esso specificamente riconducibili ai fini di un suo inquadramento positivo, soprattutto ove si considerino anche le distinzioni, le reciproche interrelazioni e le possibili commistioni, come già detto, tra il turismo ed altri ambiti o settori ad esso parzialmente sovrapposti (si pensi, ad esempio, all’agriturismo), contigui (ad esempio oggetto di politiche pubbliche condivise) o strettamente connessi (si pensi al governo del territorio, alla tutela del paesaggio, o alla fruizione di beni culturali).

Sotto tale profilo non è di grande aiuto la Costituzione, la quale almeno specificamente ed esplicitamente si limita a “nominare” il turismo (nella formulazione originaria dell’art. 117 Cost.) solo come “materia” ai fini del riparto della potestà legislativa tra Stato e Regioni.

Da ciò, comunque, derivano già notevoli difficoltà con riferimento alla individuazione ed alla delimitazione dell’ambito, per così dire, delle materie. Esse, come è naturale, si estendono facilmente, e di conseguenza, agli ambiti di competenza rispettivamente dello Stato e delle Regioni, ma sono, poi, complicate ed aggravate dal fatto che la materia de qua, per sua natura, presenta non meno, ma, in qualche misura, più di altre contiguità e vere e proprie interferenze con altre materie, finendo con il porre problemi su questioni di competenza fra Stato, Regioni ed altri enti, oltre che di bilanciamento e di armonizzazione di situazioni giuridiche varie e mutevoli e, se si vuole, di governance complessiva del comparto.