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Santuario Nostra Signora di Loreto

Particolare rilevanza ha assunto, dallo scorso Ottobre 2016, l'altare del santuario di Nostra Signora di Loreto a Forno Alpi Graie, intarsiato in avorio e legni pregiati, eseguito dall'ebanista di corte Luigi Prinotto, su commissione, nel 1723, di Filippo Juvarra. Non solo dunque questa chiesa, collocata in mezzo a un bosco di alberi secolari, a quasi 1340 metri di altezza, conserva un'opera unica al mondo — non si ha notizia di altri altari realizzati con quella tecnica, né in Italia né in paesi come Francia e Germania, dove c'è una tradizione ebanistica consolidata — ma si viene addirittura a sapere che la firma è dell'illustre maestro, di cui sono noti arredi conservati a Palazzo Reale — tra questi la scrivania "dell'Assedio di Torino" e il Pregadio della Regina — al Museo civico di Palazzo Madama e a Stupinigi. Gli studi e le indagini storiche che hanno portato a tale risultato, sono stati compiuti dall'architetto Claudio Cagliero, esperto e restauratore di arredi antichi, e presentati nel libro "Un capolavoro di alta ebanisteria nelle Valli di Lanzo". Il Santuario di Nostra Signora di Loreto (Forno Alpi Graie) sorge all'imbocco del selvaggio Vallone di Sea. Vi si accede attraverso i 444 gradini della scalinata che un tempo i pellegrini salivano in ginocchio. Il santuario trae origine dalla devozione di Pietro Garino, abitante a Torino ma nativo di Forno Alpi Graie, nei confronti della Madonna del Rocciamelone che gli apparve il 30 settembre 1630 nel luogo dove oggi sorge il santuario. L’attuale edificio, che risale al 1757 – 1770, venne progettato dagli ingegneri luganesi Francesco Brilli e Giovanni Battista Gagliardi. Il santuario venne completato nel 1869 da Luigi Baretta che ne realizzò la facciata. All'interno sono custoditi circa trecento ex voto, (il più antico è datato 1751). L'altare maggiore è in noce d'India e avorio e nel suo tronetto viene esposta la statua lignea della Madonna, opera dello scultore Raimondo Santifaller di Ortisei, che sostituisce quella antica rubata nel 1977. È alta circa 90 cm e il capo della Madonna e del Bambino sono in legno d'ebano. Il colore nero giustifica l'appellativo popolare di "Madonna Nera".