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Palmaria, l'isola degli eremiti

Forse qualcuno la ricorderà perché alla fine degli anni Sessanta sull’isola fu importato un numero sconsiderato di gatti che avevano invaso La Spezia tanto che, ancora oggi, si dice i “gatti della Palmaria”.

Qualcun altro invece perché l’isolotto del Tino, facente parte dell’arcipelago spezzino, ospitò il set cinematografico del film “I cannoni di Navarone” con Gregory Peck e Anthony Quinn.

L’isola di Palmaria, insieme ai due isolotti di Tino e di Tinetto e alle cittadine di Porto Venere e delle Cinque Terre, fa parte del Patrimonio dell’Umanità, riconoscimento che è arrivato nel 2001 da parte dell’Unesco.

Inoltre l’isola fa parte del Parco Naturale Regionale di Porto Venere città con la quale la piccola isola condivide le vicende storiche. Porto Venere e Palmaria sono separate da uno strettissimo braccio di mare di appena 100 metri.

La superficie dell’isola è di 6,5 Km quadrati, una manciata di verde e di rocce dalla forma triangolare. Il versante più antropizzato è quello che si affaccia su Porto Venere e il Golfo di La Spezia. I versanti digradano dolcemente verso il mare e sono coperti dalla tipica vegetazione mediterranea, per il resto, qualche abitazione nel piccolo borgo di Terrizzo e poche altre costruzioni sparse qua e là.

Il lato che affaccia a ovest è invece caratterizzato dalla presenza di alte falesie a picco sull’acqua (alte fino a 188 metri) sulle quali si aprono numerose grotte alcune delle quali molto suggestive e da inserire in un itinerario dell’isola.

L’aspetto ancora intatto dell’isola e l’esiguità della popolazione residente si devono al fatto che, alla fine del secolo scorso, venne costruita sull’isola una base militare a scopo difensivo. Ancora oggi si possono ammirare le fortificazioni della Batteria Semaforo, il Forte Cavour e il Forte Umberto I.

Sedici secoli fa Palmaria e gli isolotti vicini furono scelti da comunità di monaci anacoreti che desideravano allontanarsi dalla società e dalle comodità per portare avanti il loro percorso ascetico. Delle testimonianze di quest’epoca lontana purtroppo non rimane molto se non qualche rovina nell’isola di Tino.

Apprezzata dagli amanti della natura, dai bagnanti, durante i mesi estivi, e dai diportisti, Palmaria è un luogo di vacanza appetibile in tutte le stagioni dell’anno. Il nome dell’isola deriva dalle numerose grotte che si aprono improvvisamente alla base della costa che si presenta aspra e rocciosa.

Nell’antico dialettico ligure-celtico le cavità erano chiamate BALME, da cui derivò l’oramai scomparso Balmaria e, infine, Palmaria. Le più note di queste grotte sono, sul versante occidentale, la Grotta Azzurra e la Grotta Vulcanica. La prima è una delle tappe obbligate quando si compie il periplo dell’Isola.

Si caratterizza per il colore dell’acqua che tinge di riflessi azzurri le pareti della roccia. La grotta si sviluppa per quasi 60 metri, vi si può accedere con piccole imbarcazioni e, guardando verso l’altro, sulla parete più interna i vostri accompagnatori vi mostreranno come una grande stalattite abbia assunto la forma di una tartaruga che si protende verso il mare.

La Grotta Vulcanica deve il suo nome al fatto che la conformazione della roccia ha assunto nel tempo la forma di una colata lavica. Al suo interno si trova una sorgente di acqua dolce. Molti anni fa in tutta l’isola esistevano numerose cave di un pregiatissimo marmo nero con striature dorate, il portoro. Il colore nero è dato dalla presenza abbondante di sostanza organica, mentre, le striature dorate si devono a un parziale processo di dolomitizzazione della roccia che ha distrutto, ossidandola, la sostanza organica. Oggi, delle cave diffuse in tutta l’isola, ne rimangono attive solo due.

Quando si arriva a Palmaria l’approdo con il traghetto avviene generalmente al Terrizzo. Da qui ci si dirige verso la Batteria Fortificata Umberto I che, da qualche anno, è diventata Fortezza del Mare.

La fortezza fu costruita nel secolo scorso ed è stata un carcere fino agli anni Cinquanta. Recentemente, dopo importanti lavori di restauro, la Fortezza del Mare ospita mostre tematiche, convegni, spettacoli e importanti eventi culturali. Prima di raggiungere il forte la strada si biforca. Se si imbocca la destra si raggiunge il versante orientale dell’isola, quello più selvaggio.

Un vero e proprio trionfo della natura e delle innumerevoli specie vegetali autoctone e alloctone protagoniste del paesaggio. La flora dell’isola è composta da circa 500 specie. Lungo i sentieri si trovano ginestre, orchidee selvatiche, mirti, corbezzoli, salvia. Importanti formazioni vegetali sono la macchia ad euforbia e, sulle scogliere più vicine al mare, il finocchio di mare. Vi sono alcuni endemismi: l'iberide rossa (Iberis umbellata var. linifolia) è esclusiva della Palmaria, mentre il fiordaliso di Porto Venere (Centaurea cineraria veneris) e il fiordaliso tirreno (Centaurea aplolepa lunensis) sono endemiche, oltre che delle isole, rispettivamente del promontorio di Porto Venere e della Liguria orientale.

Il sentiero si dirige a Punta Marinella che sovrasta la Grotta del Roccio e l’insenatura del Pozzale, piccolo borgo turistico con un ristorante, alcune abitazioni e un tratto di scogliera. Lungo il percorso ci si imbatte in numerose cavità tra le quali la Grotta dei Colombi, all’interno della quale furono trovati resti umani e animali risalenti al paleolitico.

A Semaforo è stato realizzato invece il Centro di Educazione Ambientale. La struttura si trova all’interno di un vecchio fortilizio della Marina Militare e consente il soggiorno in camerate dotate di cucina. Ci sono ampi spazi sia all’interno che all’esterno per attività ricreative e di studio.

Il Centro è un anello indispensabile nella fruizione del Parco Naturale Regionale e si avvia a diventare un centro di turismo consapevole, di educazione, sperimentazione, studio e ricerca. Tra le produzioni più caratteristiche dell’isola c’è quella dei mitili, coltivati su caratteristici paletti di legno. La posizione e il gioco delle correnti marine garantiscono a questo prodotto una qualità ed un gusto unico nel suo genere.

L’Isola di Tino è zona militare e su di essa l’accesso è consentito soltanto in occasione delle festività in onore del Santo patrono Venerio (13 Settembre). Su di essa si trovano i ruderi dell’antica Abbazia dedicata al Santo edificata nell’XI secolo quale trasformazione della cappella costruita nel VII secolo nel luogo dove fu ritrovato il corpo di Venerio, nato a Palmaria e morto in romitaggio al Tino.

Sull’isolotto vi è la presenza interessante di un rettile endemico (pordacis muralis tinettoi), una specie di lucertola rarissima.

Pubblicato il 26 Maggio 2010
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